di Tommaso Meo
Un sito indiano che fingeva di mettere all’asta le donne musulmane è stato chiuso ieri dopo l’indignazione suscitata nel paese. Il portale era stato creato su GitHub, una piattaforma americana di proprietà di Microsoft che gli sviluppatori utilizzano per produrre e ospitare software. Il sito si chiamava Bulli Bai, una frase che combina lo slang volgare per la parola “pene” nell’India meridionale con una parola che significa “cameriera” nell’India del nord. Bulli Bai ha pubblicato foto di 100 donne musulmane creando un’asta fasulla per metterle in ridicolo e molestarle.
La maggior parte delle donne erano indiane e alcune erano personaggi pubblici, come il premio Nobel Malala Yousafzai, la giornalista Quratulain Rehbar o la famosa attrice Shabana Azmi. Molte erano anche attiviste oppositrici del nazionalismo indù che hanno apertamente criticato il trattamento riservato dal primo ministro Narendra Modi nei confronti delle minoranze etniche e religiose del paese. Tutte hanno trovato la propria foto accanto alle parole “ecco la tua Bulli Bai del giorno”.
GitHub ha affermato di aver rimosso un account legato al sito chiuso. “GitHub ha policy di vecchia data contro i contenuti e i comportamenti che implicano molestie, discriminazioni e incitamento alla violenza“, ha detto un portavoce. “Abbiamo sospeso un account utente a seguito dell’indagine sulle segnalazioni di tale attività, che violano tutte le nostre politiche”. Secondo le autorità indiane dello stato del Maharashtra un uomo è stato arrestato in relazione alla vicenda.
Quello delle false aste online che mirano ad attaccare e screditare le donne musulmane non è un fenomeno nuovo. Si tratta infatti della seconda volta in meno di un anno che una vicenda di questo tipo ha suscitato indignazione nel paese. La scorsa estate era comparsa una piattaforma simile che prendeva sempre il nome da un insulto rivolto alle donne musulmane e conteneva le foto di oltre 80 donne. Anche questo sito era ospitato su GitHub. Secondo Gilles Verniers, esperto di politica presso l’Università di Ashoka in India citato dal Washington Post, questi siti fanno parte di un “apparato decentralizzato di attacchi, trolling e diffamazione delle donne musulmane”.
Questa pratica si inserisce nel contesto delle ondate di violenza religiosa tra indù e musulmani divampate negli ultimi mesi. I critici del Bharatiya Janata Party (Bjp), partito di governo, sono spesso oggetto di feroci attacchi online. Gli abusi su internet in India sono particolarmente diffusi contro le donne che si oppongono al nazionalismo indù. I politici dei partiti di opposizione hanno esortato Bjp ad agire contro le molestie e gli attacchi contro le donne musulmane, ma né il partito di Modi né il presidente hanno ancora commentato la vicenda.
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www.wired.it
2022-01-05 14:00:00