Maria Rosaria Boccia, contribuendo alle dimissioni dell’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e alla successione di Alessandro Giuli al dicastero, involontariamente potrebbe aver messo l’opposizione di fronte a un avversario che non si aspettava. Enigmatico. Complesso. Da non prendere sottogamba. Nonostante la poca carità con cui è stato accolto. “Comincio a leggere una parte un po’ più teoretica”: ha avvertito così i parlamentari arrivati a Montecitorio per ascoltarlo, il neoministro Alessandro Giuli, in procinto di illustrare le sue linee programmatiche, mercoledì 9 ottobre.
Giuli ha esordito così: “La familiarità è il proprio tempo appreso con il pensiero: chi si appresta a immaginare un orientamento per l’azione culturale nazionale non può che muovere dal prendere le misure da un mondo entrato nella dimensione compiuta della tecnica e delle sue accelerazioni. Il movimento delle cose è così vorticoso, improvviso, così radicale nelle sue implicazioni e applicazioni che persino il sistema dei processi cognitivi delle persone e non sono delle ultime generazioni ha cominciato a mutare con esso“.
Poi è arrivato al punto: “Di fronte a questo cambiamento di paradigma la quarta rivoluzione epocale della storia delineante una ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera generale, il rischio che si corre è duplice e speculare: l’entusiasmo passivo che rimuove i pericoli della iper tecnologicizzazione e, per converso, l’apocalittismo difensivo che rimpiange un’immagine del mondo trascorsa impugnando una ideologia della crisi che si percepisce come processo alla tecnica e al futuro. intese come una minaccia“.
Si è chiesto poi il ministro: “Siamo dunque precipitati nell’epoca delle passioni tristi?”. Assicurando: “No. Fare cultura è pensare sempre daccapo e riaffermare continuamente la dignità alla centralità dell’uomo e ricordare la lezione di umanesimo integrale che la civiltà del rinascimento ha reso universale: non l’algoritmo ma l’umano, la sua coscienza, intelligenza e cultura immagina, plasma e forma il mondo”.
Un conferenza non particolarmente facile da comprendere, motivo per cui è stato oggetto di scherno e ironia da parte delle opposizioni e dei grandi media italiani. “Oggi abbiamo in certi momenti fatto fatica a capire cosa stesse dicendo Alessandro Giuli in audizione”, ha detto il deputato 5 stelle Gaetano Amato, che ha citato Amici miei: “È stata davvero una supercazzola assurda”. “Supercazzola” lo hanno definito anche titoli su Repubblica, la nome, e Il Fatto Quotidiano. “Incomprensibile” è l’aggettivo usato da La7. Un più benevolo “criptico” è la scelta de Il Post e del Corriere della Sera.
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di Paolo Mossetti www.wired.it 2024-10-11 14:40:00 ,