Domani Forza Italia, Lega e Italia viva dovrebbero comunicare se sono disponibili a rimuovere il principale ostacolo all’accordo — la proposta del sorteggio «temperato» per l’elezione del Csm, cioè l’estrazione a sorte dei togati che si potranno candidare
Qualche passo avanti sulle «porte girevoli» tra magistratura e politica, forse uno spiraglio sulla separazione delle funzioni, ma resta lo stallo sul punto decisivo: il sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura. Prosegue faticosamente la trattativa sul nuovo capitolo della riforma della giustizia, e dopo il nuovo incontro di ieri tra la ministra Marta Cartabia e i responsabili dei partiti di maggioranza ce ne sarà un altro domattina, che potrebbe rivelarsi decisivo. «Stiamo cercando i punti di convergenza, ciò che ci unisce per farlo prevalere rispetto alla diversità dei punti di partenza che sono sotto gli occhi di tutti — ha commentato Cartabia ieri sera —. Sono stati fatti passi avanti, sono fiduciosa». Domani Forza Italia, Lega e Italia viva dovrebbero comunicare se sono disponibili a rimuovere il principale ostacolo all’accordo — la proposta del sorteggio «temperato» per l’elezione del Csm, cioè l’estrazione a sorte dei togati che si potranno candidare — oppure mantenerlo, con tutte le conseguenze del caso. Ancora nella riunione di ieri la Guardasigilli ha ribadito di ritenere questa ipotesi in contrasto con la Costituzione (al pari di altre due proposte avanzate da grillini e da Azione), e che dunque il governo non potrà dare parere favorevole a una scelta che, se fosse confermata, avrebbe poi conseguenze sulla tenuta della maggioranza.
Giunti a questo punto della trattativa, i capigruppo dovranno consultarsi con i vertici dei rispettivi partiti e decidere se rischiare la rottura oppure rinunciare, magari per ottenere qualcosa su altri fronti. Nel frattempo un’intesa sembra essere stata raggiunta sul rientro in ruolo dei giudici al termine della loro esperienza politica o governativa: i candidati non eletti non potranno comunque tornare a esercitare le loro funzioni nel distretto nel quale si sono presentati sotto le insegne di qualche partito o lista civica; per chi invece abbia ricoperto incarichi apicali tecnici (come i capi di gabinetto dei ministeri) verrebbe ridotto il periodo di «decantazione» prima di riprendere servizio: non più i tre anni previsti dal testo approvato in Consiglio dei ministri, ma uno o due. Su questo e altri punti condivisi ieri s’è deciso che il governo mandi i propri pareri alla commissione Giustizia di Montecitorio, per consentirle di proseguire i propri lavori e provare a rispettare la scadenza dell’11 aprile per l’esame del testo in Aula .
29 marzo 2022 (modifica il 29 marzo 2022 | 21:59)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Redazione politica , 2022-03-29 20:01:36
www.corriere.it