La riforma della giustizia tributaria è alle porte. E’ stato raggiunto l’accordo tra ministero dell’Economia e della Giustizia ed entro domani il pool di esperti dovrà mettere nero su bianco una bozza di disegno di legge da portare in Cdm. Ad intervenire con l’Adnkronos è il presidente del Consiglio della giustizia tributaria, Antonio Leone, che nel soffermarsi su alcuni punti della riforma, commenta il silenzio del Csm dopo la delibera del Cpgt del 22 marzo scorso, in cui si chiedeva una interlocuzione con il Consiglio superiore della magistratura e dopo il suo discorso in occasione della inaugurazione dell’anno giudiziario, lo scorso 5 aprile, in cui Leone affermava di percepire nella proposta del Csm un alone di sospetto verso i magistrati che svolgono la funzione di giudice tributario e un pregiudizio negativo nella giustizia tributaria.
“Il Consiglio superiore della magistratura in questi anni non ha mai voluto avere, come peraltro previsto da varie disposizioni, alcuna interlocuzione con il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. Il motivo andrebbe chiesto a loro. Personalmente sono molto dispiaciuto”, afferma Leone. “Solo casualmente, nei giorni scorsi, abbiamo saputo che avevano elaborato questa proposta, poi approvata, di modifica della circolare sugli incarichi extragiudiziari – ricorda – Premesso che è stato il legislatore, e non il Csm, a volere che i giudici ordinari potessero svolgere anche la funzione di giudice tributario, credo che alla base della decisione ci siano le solite dinamiche correntizie”. Cioè? “Le elezioni per il rinnovo del Csm si avvicinano e alcuni gruppi associativi non vedono di buon occhio che un magistrato scriva sentenze per un’altra giurisdizione rendendo così un servizio all’Erario e al cittadino contribuente. In compenso, senza alcun problema, può scrivere libri e fare il conferenziere a pagamento”.
Il Consiglio di presidenza è compreso nella riforma? “A mio avviso qualsiasi riforma dovrà valorizzare il ruolo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria in modo che possa ben tutelare l’autonomia e l’indipendenza dei giudici tributari. L’indipendenza del giudice nell’esercizio delle sue funzioni deve essere assicurata, come recita il secondo comma dell’articolo 108 della Costituzione, anche ai giudici speciali”, risponde il presidente Leone. E’ opportuno che la giustizia tributaria rimanga sotto l’egida del Mef? “Il Cpgt, purtroppo, non ha oggi gli stessi compiti e prerogative degli organi di autogoverno delle altre giurisdizioni – osserva – Se non ci fosse questa sperequazione, non ci sarebbe bisogno di alcuna separazione tra le commissioni tributarie ed il Mef, potendo il Cpgt fare da ‘barriera’ ad ogni eventuale intromissione, anche solo apparente”.
Per la Cassazione si pensa a un taglio delle liti con una definizione agevolata delle cause arretrate. Cosa ne pensa? “Il discorso sull’arretrato in Cassazione è molto complesso. Ci sono due fattori da considerare. Da un lato, la Costituzione prevede che il cittadino possa sempre ricorrere in Cassazione per vizi di legittimità. Dall’altro, il giudizio tributario, essendo molto veloce in primo e secondo grado, ha come conseguenza di congestionare ancora di più la Suprema corte. Sembra un paradosso ma è così – rileva – Spero che la soluzione non sia allora quella di mettere dei ‘paletti’ per rallentare il giudizio tributario nella fase di merito”.
Entrando poi nel merito della riforma del Consiglio superiore della magistratura, di cui Leone è stato membro dal 2014 al 2018, il presidente del Consiglio della giustizia tributaria ha commentato all’Adnkronos: “La riforma che il Parlamento si appresta ad approvare darà ancora più potere alle correnti della magistratura. Da quello che ho letto i collegi elettorali saranno sorteggiati a ridosso delle elezioni. Cosa significa? Che i candidati non potranno pianificare anche un minino di ‘ricerca del consenso’, in buona sostanza fare campagna elettorale, per farsi conoscere. Per sopperire a tale handicap dovranno allora necessariamente intervenire le correnti che, con i quadri intermedi sui territori, daranno indicazioni di voto ai colleghi”. “Mi spiega altrimenti – sollecita – come un giudice in servizio a Trieste possa prendere i voti nel distretto, tanto per fare un esempio, di Catanzaro dove nessuno lo ha mai visto in faccia? Mi pare veramente un grande risultato!”
Contestata anche la mancata previsione di incompatibilità per i sostituti procuratori generali della Cassazione nella legge elettorale: “Oggi un componente della procura generale della Cassazione, l’ufficio titolare dell’azione disciplinare, può, se eletto al Csm, andare a far parte di quella Sezione disciplinare. Risultato? La sera prima del voto ha istruito in Cassazione i provvedimenti disciplinari nei confronti dei colleghi e la mattina dopo, vinte le elezioni per il Csm, ne diventa il loro giudice. Mi sembra una incompatibilità grande come una dimora ed è sorprendente che nessuno abbia voluto porvi rimedio – rimarca – Del resto, la nostra Italia vive di incompatibilità e di contraddizioni ma che lo sia la ‘dimora della giustizia’ mi sembra un po’ troppo”.
(di Roberta Lanzara)
[email protected] (Web Info) 2022-04-14 12:49:46
Adnkronos – Cronaca
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