Il riscaldamento degli oceani ha infranto un nuovo record nel 2022, con temperature in aumento per il settimo anno consecutivo e il Mediterraneo che si conferma il bacino che si scalda più velocemente: fattori che fanno presagire un clima futuro sempre più estremo, come afferma uno studio “Another year of record heat for the oceans”, pubblicato sulla rivista Advances in Atmospheric Science e guidato dall’Accademia Cinese delle Scienze, al quale hanno contribuito anche ricercatori italiani di Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e di Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea).
La forte preoccupazione non riguarda solo la vita e gli ecosistemi marini, ma anche gli esseri umani e gli ecosistemi terrestri, dal momento che gli oceani assorbono la maggior parte del riscaldamento provocato dalle attività umane.
I ricercatori guidati da Lijing Cheng hanno analizzato i dati, raccolti dal 1950 ad oggi, dell’Istituto di Fisica Atmosferica (Iap) cinese e dell’Amministrazione Nazionale per gli Oceani e l’Atmosfera (Noaa) statunitense. In particolare, il contenuto di calore dell’oceano nei primi 2mila metri di profondità è aumentato rispetto all’anno precedente di circa 10 Zetta joule, vale a dire 1 joule (unità di misura del calore) seguito da 21 zeri. Per dare un’idea dell’enormità del valore, 10 Zetta joule di calore possono mantenere in ebollizione 700 milioni di bollitori da 1,5 litri per un anno intero.
“I dataset, Iap e Ncei, sono consistenti ed entrambi mostrano un valore record di calore accumulato nei primi 2000 m di profondità dell’oceano nel 2022”, commenta Tim Boyer della Ncei/Noaa. “Il riscaldamento globale dell’oceano continua e si manifesta sia con nuovi record del contenuto termico delle acque ma anche con nuovi valori estremi per la salinità. Le aree già salate diventano ancora più salate mentre le zone con acque più dolci diventano ancora meno salate: c’è un continuo aumento dell’intensità del ciclo idrologico”, ha spiegato il professor Lijing Cheng.
Si conferma quindi il continuo aumento della temperatura degli oceani, in abbinamento a livelli sempre più elevati di salinità e ad una maggiore separazione dell’acqua in strati, che può ridurre o annullare il rimescolamento tra la superficie e le zone più profonde. Tra le tante conseguenze, questi fattori alterano il modo in cui il calore, il carbonio e l’ossigeno vengono scambiati tra l’oceano e l’atmosfera. Questo, a sua volta, si riflette sulla biodiversità e sugli spostamenti delle specie ittiche, con effetti a cascata sulle comunità dipendenti dalla pesca.
“Il Mediterraneo si scalda tre volte di più”
“È da tempo che i ricercatori lanciano allarmi su quanto la salute del Mediterraneo sia inquietante spiegando cosa è necessario fare. Ma gli scienziati, purtroppo, spesso vengono considerati dai politici solo degli ambientalisti radicali. Qual è adesso la situazione? Secondo le ultime rilevazioni posso dire che è peggio di come immaginavamo”. Parole chiare che non lasciano spazio a dubbi quelle di Roberto Danovaro docente e presidente della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, tra i più importanti enti di ricerca al mondo nei settori della biologia marina e dell’ecologia.
Anche i dati delle ultime ricerche confermano dunque che non sono stati gli scienziati ad aver amplificato i problemi del mare e degli oceani, ma che il cambiamento climatico, l’inquinamento industriale, la pesca intensiva hanno mandato in tilt le previsioni dei centri di ricerca. Spiega ancora Danovaro: “I cambiamenti climatici non stanno agendo da soli, ma in sinergia con ciò che stiamo ancora facendo nel Mediterraneo dopo 200 anni di sfruttamento industriale, di pesca illegale e di mancata riduzione delle emissioni di CO2. Un mix micidiale che sta amplificando le conseguenze dell’innalzamento delle temperature e provocherà un danno ambientale, economico e sociale come mai nella storia. Tanto per fare un esempio, tra qualche anno sorgeranno grandi problemi per le comunità che vivono di pesca nel Mediterraneo, se non invertiamo la rotta. Tradotto in termini economici, significa che per l’Italia potrebbe andare in crisi un mercato che da solo vale circa 500 miliardi euro. In un mare che soffoca il pesce non riesce ad alimentarsi”.
E per capire il motivo per cui il Mediterraneo si scalda più velocemente, basta pensare che la profondità media degli oceani è di 4 mila metri, il Mediterraneo di 1.500 metri. A parità di temperatura si scalda tre volte di più.
“La forte preoccupazione riguarda l’ecosistema marino che avrà ripercussioni sugli ecosistemi terrestri e di conseguenza sulla nostra vita. Le acque più calde stanno producendo una diminuzione del cibo per le specie di tutto il Mediterraneo. A causa del caldo, i nutrimenti che si formano nelle profondità marine non riescono a salire verso quello che viene chiamato il ‘mare illuminato’ dove ci sono alghe e microalghe. La parte profonda del mare innesta come una specie di economia circolare rimettendo in circolo i valori nutritivi, ma si sta interrompendo. Con il riscaldamento si è come creata una barriera invisibile tra le acque calde e fredde che non permette ai nutrienti di salire. Il mare appare come stratificato“.
Poi i venti. “Da anni stiamo assistendo, a causa del cambiamento climatico, della mancanza di quegli eventi metereologici accompagnati da venti freddi, importanti. Come la bora. Quei venti hanno ripercussioni anche sul mare, perché funzionano come un grande motore che fa circolare quelle acque fredde che arrivano dalla zona dei Balcani e dal Golfo del Leone tra la Francia e la Spagna verso il Mediterraneo. Correnti che funzionano come ascensori: scendono verso il fondale marino e lo rigenerano riportando a galla acqua carica di nutrimenti. Senza queste correnti ascensionali, il Mediterraneo sta diventando un catino statico e caldo. I primi a rimetterci sono i grandi mammiferi dei nostri mari: la vita dei capodogli e delle balene infatti dipendendo proprio da questi rigeneratori di acqua fredda. A rischio l’area protetta chiamata il Santuario per la protezione dei mammiferi marini, quel tratto di mare che va dalla Liguria, la Corsica e Montecarlo. In quei fondali ci sono canyon sottomarini dove l’acqua che risale verso la superficie garantisce la produzione di krill di cui si nutrono le balene”.
La tempesta perfetta
“L’uomo deve cambiare il suo rapporto con il mare, altrimenti vincerà chi si sta già adattando al futuro: quelle specie marine tropicali che già da 5-6 anni i ricercatori hanno visto raddoppiare nel Mediterraneo. Che non diventerà tropicale, ma lo sconvolgiamo. Specie tradizionali sulle nostre tavole molto probabilmente non si saranno più”.
La pesca è l’altro grande problema del Mediterraneo. Piove sempre meno, le temperature salgono, ma la pesca nonostante tutti questi cambiamenti rimane agli stessi livelli da decenni. Come se il pesce fosse infinito. “Ma non è così. Invece di pensare ad una pesca sostenibile usiamo la tecnologia. Così vediamo pescatori che usano droni, satelliti, droni subacquei, eco-scandagliatori. Stiamo raschiando letteralmente il fondo del mare e ci sono comunità che rifiutano ogni consiglio che arriva dalla scienza”.
Danovaro: “Un Patto con il mare per la terra: aziende e ricerca alleati per la sostenbilità”
“I ricercatori da 20 anni dicono agli amministratori delle città costiere cosa bisogna fare per salvare la pesca, l’unica attività umana ferma da secoli. Sì perché, se siamo consapevoli che non si può sfamare la famiglia andando a caccia, non c’è la stessa sensibilità nei confronti della pesca. Bisogna ad esempio, stabilire le stesse regole che ci sono in agricoltura: come non si può sfruttare lo stesso appezzamento di terra con la stessa coltivazione per anni, così dobbiamo fare far riposare anche il mare. Chiudere per un periodo alcune aree monitorando il ripopolamento. Dove è stato fatto, i risultati sono stati eccellenti. Poi bisogna non dare tregua alla pesca illegale che vanifica tutti gli sforzi”.
Cosa fare?
“L’agenda 2020-2030 che ci impone l’Europa basterebbe da sola a far capire cosa dobbiamo fare: diminuire le emissioni di Co2 accelerando il passando dai combustibili fossili alle rinnovabili. E’ stato poi approvato un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici e anche questo passo è importante. Entro il 2023 poi ci sarà un altro strumento normativo quella sul Restauro Ambientale presentata a giugno, adesso è aperta alla consultazione pubblica e diventerà direttamente operativa per l’Italia. Sarà previsto l’obbligo di restaurare gli habitat marini e terrestri compromessi, degradati. Finalmente si capirà che proteggere la natura sarà come preservare un’opera d’arte. Un popolo deve custodire il proprio capitale naturale, proprio come i suoi beni culturali”.
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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2023-01-11 17:11:43 ,
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Il post dal titolo: Gli oceani Proseguono a scaldarsi: infranto il nuovo record nel 2022 scitto da [email protected] (Redazione di Green and Blue) il 2023-01-11 17:11:43 , è apparso sul quotidiano online Repubblica.it > Green and blue