Quella contro Google è solo una di una serie di cause antitrust avviate dal governo americano contro le principali aziende tech, ma è la prima ad arrivare in tribunale. I milioni di dollari dei contribuenti statunitensi impegnati nella battaglia contro Google ne fanno una delle cause antitrust più costose di sempre, sottolinea Weiser. L’ultima grande vittoria giudiziaria del governo statunitense un gigante tecnologico risale al periodo del boom delle dotcom, quando Microsoft fu costrette a smettere di promuovere illecitamente il suo browser Internet Explorer a scapito del rivale Netscape, in un’epoca in cui le connessioni lente e la necessità di dischi per l’installazione erano ancora la norma.
Il processo della prossima settimana, i querelanti principali sono il Colorado, Tennessee e il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, a cui si aggiungono tutti gli altri stati americani a eccezione di Alabama, Porto Rico, Guam e il Distretto di Columbia. Se il giudice Amit Mehta si darà loro ragione, ci sarà un secondo ciclo di udienze per decidere la pena da comminare a Google. Anche se nessuno degli imputati rischia la prigione e ai consumatori non sarà corrisposto un risarcimento in denaro, a Google potrebbero essere precluse determinate strategie commerciali. Il colosso potrebbe inoltre essere costretto a vendere parti dell’azienda o ad adottare tattiche più amichevoli con i suoi rivali. Nella migliore delle ipotesi, una vittoria per Google sarebbe rappresentata da una sentenza in cui viene stabilito che le tattiche contestate hanno rafforzato la concorrenza invece di indebolirla. Questo di fatto significherebbe che le esperienze sfortunate con i sempre più sfacciati annunci nei risultati di ricerca di Google non sono la prova di un degrado della qualità e di un danno per i consumatori. Kent Walker, presidente di Google per gli affari globali, sostiene che nel settore c’è più concorrenza che mai: “La gente non usa Google perché è costretta, ma perché lo vuole – dice –. Il nostro successo è duramente combattuto ed è il risultato della nostra attenzione a costruire servizi che aiutano gli americani ogni giorno“.
Nello specifico, la causa contro Google riguarda due accuse di violazione dello Sherman Act, la più antica legge antitrust statunitense. Nella prima violazione, secondo l’accusa, Google avrebbe illegalmente estromesso i suoi rivali condividendo le entrate pubblicitarie con i produttori di smartphone, tra cui Apple e Samsung, con gli sviluppatori di browser, come Mozilla, e con i vettori wireless, tra cui Verizon e AT&T, ottenendo in cambio di diventare il provider di ricerca predefinito sui loro sistemi. La natura del settore delle ricerche online fa sì che accumulando più dati sugli interessi e sul comportamento degli utenti grazie alla sua posizione dominante, Google sia in grado di rendere più efficaci i risultati di ricerca e gli annunci, mantenendo così attivo il flusso di denaro. L’azienda sostiene che questo ciclo è stato avviato in modo equo grazie alla propria capacità ingegneristica. .
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di Paresh Dave www.wired.it 2023-09-12 04:50:00 ,