Il presidente della Campania Vincenzo De Luca: «Lunedì non riapriranno le scuole perché «non ci sono le condizioni minime di sicurezza». Ma secondo fonti di Palazzo Chigi il premier sarebbe pronto a impugnare la decisione
«La scuola in presenza è e deve restare una priorità non solo per il governo, ma per tutto il Paese». Mentre il sottosegretario all’Istruzione Rosano Sasso scriveva questo post su Facebook, nel pomeriggio di oggi, 7 gennaio, arrivavano le prime ordinanze per le chiusure delle scuole a macchia di leopardo.
Ma il rischio di scontro tra governo e Regioni è altissimo: a partire dalle decisione del governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che da giorni sosteneva la necessità di procrastinare la riapertura delle scuole dopo le feste. Forte anche dell’appello lanciato giovedì da 2 mila presidi
, De Luca ha annunciato nella sua diretta social del venerdì che
lunedì non riapriranno le scuole campane, perché «non ci sono le condizioni minime di sicurezza», e ha chiamato in causa il governo colpevole, a suo dire, di non aver preso «decisioni serie ed efficaci» ma di aver «perso tre mesi senza fare niente».
Qualche ora dopo è arrivata la risposta del governo: da palazzo Chigi fanno sapere che sono pronti a impugnare la decisione. Per l’impugnazione servirà un passaggio in Consiglio dei ministri.
Anche il presidente del Veneto, Luca Zaia, è preoccupato: «Ai genitori diciamo già che non siamo in grado di far fronte a questa fase di testing – ha spiegato – tutte le regioni sono allo stremo e una giornata con 18mila contagiati prevederebbe 18mila telefonate di contact tracing che moltiplicate per almeno una decina di contatti stretti significa 180mila persone da contattare in un giorno. Impossibile». Prima della chiusura per le vacanze natalizie in Veneto c’erano 2400 classi in quarantena. «Se aggiungiamo la mancanza di docenti, quelli in quarantena, in malattia e i non vaccinati – ha poi concluso – pare chiaro che il 10 avremo una situazione per cui molte scuole resteranno chiuse o in Dad perché senza altre soluzioni».
Ma per ora non c’è alcuna decisione regionale in tal senso. Come in Sicilia, dove il governatore Nello Musumeci ha confermato «di operare secondo le disposizioni del governo nazionale», nonostante 200 sindaci parlino di «irresponsabile riapertura». E infatti sono già diversi i Comuni che hanno stabilito un rinvio, come Misilmeri e Caccano, nel palermitano, dove è stato deciso lo stop delle lezioni in presenza rispettivamente fino al 14 e fino al 24.
Dalla Puglia nessuna chiusura ufficiale, ma a Copertino, in provincia di Lecce, non si tornerà a scuola in presenza lunedì a causa di un focolaio di contagi che sarebbe partito da due feste, entrambe organizzate il 22 dicembre, per uno scambio di auguri tra studenti. Scuole chiuse fino al 15 gennaio anche a Orsara di Puglia.
Avrebbe chiuso per sette giorni almeno le elementari pure il governatore della Toscana, Eugenio Giani: «Se i presidi, che sono coloro che hanno la visione della situazione sul territorio e nelle scuole si esprimono così», chiedendo il rinvio del rientro in classe in presenza «hanno i loro motivi per farlo», dice Giani. Ma vista la posizione del governo, si darà da fare per il rientro in presenza.
A Potenza le scuole riapriranno mercoledì prossimo, 12 gennaio, dopo uno screening degli studenti. A Termoli, in provincia di Campobasso, le scuole resteranno in dad dal 10 al 15.
Le scuole di Asti potrebbero restare chiuse ancora una settimana.
E sono in ansia i presidi della Lombardia: «Lunedì, quando riapriranno gran parte delle scuole — dice Matteo Loria, presidente lombardo dell’associazione nazionale presidi — sarà come andare alle Termopili». Per Loria, «se non siamo passati alla dad per scelta, ci arriveremo per necessità, al picco di contagi».
7 gennaio 2022 (modifica il 7 gennaio 2022 | 19:19)
© RIPRODUZIONE RISERVATA