di Andrea Daniele Signorelli
I video del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che si riprende davanti al palazzo governativo di Kyiv con lo smartphone per smentire le voci di una sua fuga. Il presidente russo Vladimir Putin che umilia il capo dello spionaggio russo davanti alle telecamere. Il video dei soldati ucraini sull’avamposto nell’Isola dei Serpenti che non le mandano a dire alla nave russa che intimava loro di arrendersi (e che dopo quella risposta ha aperto il fuoco).
Sono alcuni dei momenti di questa terribile guerra che, assieme ad altri ancora più drammatici, resteranno impressi nella nostra memoria. E che gli storici del futuro – che dovranno tirare le somme dei decenni che stiamo vivendo – avranno modo di reperire e utilizzare per comprendere e raccontare come si è svolta l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. “Sì, penso che soprattutto il materiale video registrato sarà di grande valore e anche di grande forza simbolica – spiega a Wired Katrin Weller, responsabile del Digital Society Observatory (centro studi sul digitale) del Leibniz Institute di Colonia -. In particolare, il modo in cui negli ultimi anni i politici hanno avuto la possibilità di trasmettere se stessi e la loro visione a un’audience mondiale ha creato nuove forme di contenuti che credo diventeranno elementi cruciali per gli storici”.
Il mare magnum dei post
Tutti noi abbiamo visto questi documenti su Twitter, YouTube, Facebook o altri social. Eppure, difficilmente questo tipo di materiale si smarrirà nel mare magnum delle piattaforme online: è stato riprodotto anche dalle televisioni e finirà archiviato per i posteri già nei primi documentari che cercheranno di ricostruire questo conflitto.
Oltre ai video più iconici, c’è però un’immensa quantità di contenuti molto più effimeri, prodotti esclusivamente per i social e che solo su queste piattaforme hanno senso di esistere; o che addirittura hanno un elemento “meta”: vale a dire che potranno mostrare agli storici del futuro che impatto avevano proprio Instagram e compagnia sulla nostra società. Per esempio, i post pubblicati da teorici del complotto e fanatici pro-Putin ci dicono poco della guerra, ma raccontano molto delle nostre derive sociopolitiche .
Allo stesso modo, il post di Telegram con cui il portavoce della Duma (il parlamento russo) annunciava che Zelensky era fuggito da Kyiv sarà per gli storici del futuro un perfetto esempio di come le piattaforme online venivano subdolamente sfruttate per disseminare propaganda. E poi ci sono contenuti di altro tipo, reperibili quasi solo sui social e che magari raccontano elementi secondari, ma comunque interessanti, di questo conflitto, come il thread di Twitter che descrive la bizzarra vicenda dei trattori ucraini che portano via i carri armati russi.
Tanti, troppi dati da processare
In questo mare di materiale sparso per la rete potremmo voler recuperare in futuro anche le incursioni su Google Maps per “recensire” i ristoranti russi con immagini della guerra in Ucraina (aggirando così la censura), la contropropaganda che corre su TikTok, i post sui social media pubblicati oggi dalle persone più colpite dal conflitto (l’equivalente delle lettere e dei diari di un tempo) e tantissimo altro.
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www.wired.it
2022-03-13 18:00:00