di Lorenza Negri
Hellbound, k-drama horror soprannaturale dal 19 novembre su Netflix che ha raccolto plausi presso i prestigiosi festival di Toronto e Londra, sancisce il debutto di Yeon Sang-Ho, regista cinematografico del folgorante Train to Busan, nel panorama televisivo. A innescare la storia, la comparsa improvvisa e inspiegabile di tre mostri avvolti nel fumo che aggrediscono un malcapitato, lo massacrano e lo trascinano all’inferno, lasciando solo un moncherino abbrustolito – il teschio e parte della colonna vertebrale – dello scheletro. È una visione raccapricciante, scioccante e che atterrisce i testimoni, tuttavia lesti nel mettere mano allo smartphone per immortalare la scena e diffonderla in rete scatenando panico escatologico, morbosità voyeuristica e isteria religiosa.
Quest’ultima è esasperata da una setta, la Nuova Verità, che professa l’avvento di nuova era nella quale Dio, stanco di un’umanità impenitente, la punisce tramite un’esecuzione selvaggia e plateale di monito per gli altri peccatori. Una di questi macabri, crudeli e medievali eventi ha per vittima una donna massacrata in diretta televisiva di fronte a un pubblico di ospiti vip e di una folle delirante, suggellando il potere della setta, destinata ad assumere da lì a poco un’influenza enorme sulla società. Il culto è stato fondato dal giovane Jung Jin-soo, Cristo moderno che conduce uno stile di vita frugale predicando una condotta morale integerrima come unica possibile salvezza. In un momento di disorientamento e terrore di massa, le sue parole offrono un disperato sollievo, ma sono la verità?
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www.wired.it
2021-11-19 11:00:00