di Viola Rita
È la seconda volta che succede. Dopo una donna di San Francisco, oggi è il turno di un paziente messicano. Gli scienziati del Massachusets General Hospital hanno infatti identificato un’altra persona sieropositiva, non in cura, che però non presenta più tracce del genoma dell’Hiv. L’esito negativo arriva dai test svolti su ben 1,5 miliardi di cellule del sangue e prelevate dai tessuti del paziente. I risultati, che possono aprire nuove prospettive di ricerca sui meccanismi d’azione dell’Hiv e del nostro sistema immunitario, sono pubblicati su Annals of Internal Medicine.
Attenzione agli elite controllers
Nei pazienti sieropositivi, l’uso di farmaci antiretrovirali sopprime la replicazione del virus, riducendo in maniera significativa la carica virale. Tuttavia l’Hiv non viene completamente eliminato: è presente, in maniera nascosta, nei cosiddetti serbatoi (reservoir) di virus latente ed è ancora rilevabile attraverso particolari analisi. Gli antiretrovirali, infatti, non riescono a distruggere del tutto questi serbatoi. Tuttavia, ci sono alcuni pazienti, chiamati elite controllers, che, pur avendo ancora questi contenitori naturali di virus, riescono a sopprimere l’Hiv e a non sviluppare mai la malattia, l’Aids conclamato. Gli scienziati sono già a conoscenza da qualche tempo di questa particolare condizione, che riguarda meno dello 0,5% delle persone sieropositive.
Un caso quasi unico
Il gruppo guidato da Xu Yu, ricercatrice del Massachusetts General Hospital, del Mit e della Harvard Medical School, studia da tempo come si comportano i serbatoi di virus. Il gruppo ha recentemente documentato, sulla rivista Nature, il caso della “paziente di San Francisco” gli elite controllers, in cui il genoma dell’Hiv era scomparso dopo test su miliardi di cellule. Dalle prove ottenute finora il suo sistema immunitario potrebbe aver eliminato autonomamente il serbatoio virale. La scoperta è straordinaria, a detta degli autori, perché apre nuove strade per la ricerca di una cura sterilizzante, ovvero per la totale eradicazione di tutte le tracce di Hiv dal corpo.
Oggi, poi, c’è un nuovo caso, individuato sempre dal gruppo di Xu Yu: il paziente di Esperanza (nello stato di Puebla, nel Messico centrale). Dall’analisi di 1,19 miliardi di cellule del sangue e mezzo milione di cellule prelevate dai tessuti, non c’è alcuna traccia del genoma dell’Hiv.
Cosa succede negli elite controllers
Negli elite controllers i ricercatori hanno messo a fuoco risposte mirate di alcune cellule T del sistema immunitario (linfociti T CD4 e CD8) contro regioni specifiche dell’Hiv associate al controllo del virus. Alterazioni in queste regioni indeboliscono il patogeno e la sua capacità di replicarsi: per questo sono bersagli interessanti per studi su nuovi trattamenti. Per esempio, è in corso di studio un vaccino terapeutico, recentemente presentato alla Conferenza Croi 2021 da Beatriz Mothe dell’Istituto per la ricerca sull’Aids IrsiCaixa, in Spagna, che – stando ai dati iniziali su un piccolo campione di pazienti – ha consentito di interrompere l’assunzione di farmaci per un periodo di almeno 5 mesi, mantenendo una carica virale bassissima.
Oggi bisognerà capire meglio come agiscono le cellule T dei due pazienti in cui non c’è più traccia di virus, e confrontare l’azione del sistema immunitario dei due individui. L’attenzione è rivolta ai linfociti T killer. “Stiamo studiando la possibilità di indurre questo tipo di immunità in persone in trattamento con antiretrovirali attraverso l’immunizzazione – aggiunge Yu – con l’obiettivo di educare il loro sistema immunitario a controllare il virus senza questi farmaci”.
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www.wired.it
2021-11-16 06:00:00