di Anna Lisa Bonfranceschi
In antropologia c’è movimento anche senza l’arrivo di nuovi fossili. D’altronde, ricostruire l’evoluzione umana è un lavoro ben lungi dall’essere completato e in continuo fermento, appunto. Così capita che ogni tanto ci sia bisogno di rimettere un po’ di ordine, per evitare confusione e per capirsi meglio tra gli addetti ai lavori. È esattamente con questo intento che viene presentato oggi Homo bodoensis, una nuova specie di antenato umano. Nuova soprattutto nel nome, e introdotta per risolvere “il nebuloso stato della tassonomia ominide del Plesitocene medio”.
A scriverlo, sulle pagine di Evolutionary Anthropology, è un team di ricercatori guidati da Mirjana Roksandic della University of Winnipeg, che in contemporanea all’introduzione della nuova specie propone di abbandonare i taxa Homo heidelbergensis e Homo rhodesiensis, e di rivedere di conseguenza la classificazione di alcuni fossili. In particolare, scrivono Roksandic e colleghi, andrebbe abolito H. heidelbergensis e diversi fossili corrispondenti andrebbe attribuiti invece a H. neanderthalensis, come già fatto per i resti del sito spagnolo Sima de los Huesos, in riconoscimento del fatto che le caratteristiche morfologiche di molti resti del Pleistocene medio dell’Europa occidentale così chiamati sono sostanzialmente dei Neanderthal. Parallelamente la proposta è di abbandonare del tutto la già poco usata e altrettanto poco definita dicitura di H. rhodesiensis (anche per associazioni poco piacevoli, riconducibili alla figura di Cecil Rhodes).
Al loro posto arriva una nuova specie (sebbene non in senso biologico stretto, scrivono i ricercatori, ricordando migrazioni e flussi genici tra diversi gruppi di ominidi) un nostro antenato diretto, Homo bodoensis (dai resti di Bodo D’ar, in Etiopia), risalente al Pleistocene medio (ovvero a un periodo compreso tra 770mila e 130mila anni fa), con una distribuzione prettamente riservata al continente africano, ma che si estendeva fino al Mediterraneo orientale. Segni caratteristici: tratti a metà strada tra quelli di H.erectus e H.sapiens (con una capacità cranica intermedia tra i due e uno spiccato prognatismo facciale, per esempio). La sue evoluzione e relazione con le altre specie riconosciute della famiglia è più o meno così rappresentata. Gli autori, concludono, sperano che aver unificato in un unico nome un caratteristico aspetto di ominidi di diverse regioni del Pleistocene medio e si augurano che questo possa aiutare le discussioni sull’intricata storia della nostra evoluzione.
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www.wired.it
2021-10-29 12:19:00