Dalla Bolognina in poi per ogni crisi c’ stata una formula. In otto giorni trascorsi dalle elezioni politiche, il Partito democratico ha ricominciato a misurarsi col lessico che da almeno tre decenni accompagna il centrosinistra nel dibattito sulla sconfitta
Scioglierlo, suggerisce Rosy Bindi. Rifondarlo, sostiene Gianni Cuperlo. E visto che a volte non c’ miglior sintesi della somma, in omaggio alla teoria di Tot secondo cui alla fine la somma che fa il totale, Matteo Orfini le dice tutte e due assieme: Scioglierlo e rifondarlo.
A cominciare dalla costituente, parola bivalente, una specie di double face, che pu essere usata sia come aggettivo che come sostantivo. Il segretario uscente Enrico Letta, respingendo al mittente le richieste di scioglimento del Pd, la usa come aggettivo: Faremo un congresso costituente. Ma c’ anche chi, come il deputato di lungo corso Roberto Morassut, una delle teste pensanti del partito capitolino, punta dritto sul sostantivo. Serve un contenitore ampio, ha spiegato ieri mattina a Omnibus su La7, progressista e di sinistra. E per farlo serve una costituente. La costituente che traccia un percorso alla fine del quale ci si ritrova tutti all’interno di un nuovo contenitore una strada, a sinistra, nota sin dai tempi della svolta impressa da Achille Occhetto alla Bolognina, che segn l’inizio della fine del Partito comunista italiano. Percorso, svolta e persino Bolognina sono quindi tre parole che ritornano ciclicamente, ieri come oggi, nel dibattito a sinistra. Il filosofo Massimo Cacciari l’ha suggerito al Pd — Al Pd serve un congresso come quello che fece Occhetto — avanzando persino un’ipotesi di come si potrebbe chiamare il nuovo soggetto (lui suggerisce Democrazia progressiva). A quei tempi, in cui tutto era definito tranne il nome (il partito erede del Pci si sarebbe chiamato Partito democratico della sinistra), il punto d’approdo era genericamente indicato col nome La cosa, come il documentario girato da Nanni Moretti nelle sezioni e come il film horror del 1982 diretto da John Carpenter che, guarda caso, aveva un finale tutt’altro che definito. L’esperienza, almeno nominalisticamente, a sinistra fu fortunata, tanto vero che nel 1996, con Massimo D’Alema alla segreteria, si avvi il percorso de La cosa 2, che la Treccani oggi spiega con queste parole: Raggruppamento politico non ben definito nell’area della sinistra. Morale della favola? Il partito di allora, Pds (Partito democratico della sinistra), fin per perdere la P iniziale e rimase con due sole lettere, Ds (Democratici di sinistra).
La P di partito tornata in auge con la fondazione del Pd, Partito democratico, oggi a pi riprese messa in discussione. La fortunatissima epoca della botanica che riport il centrosinistra al governo nel 2006 (c’era la Margherita di Francesco Rutelli, la Rosa nel Pugno di Marco Pannella, le liste unite dell’Ulivo di ispirazione prodiana e qualche animale come alleato, come il gabbiano simbolo del partito di Antonio di Pietro) restituisce dopo un decennio e mezzo la discussione sul campo, altra parola chiave del lessico da sconfitta, a onor del vero rispolverata da Goffredo Bettini dopo l’infelice risultato delle elezioni del 2018. Campo largo sostengono Andrea Orlando e Francesco Boccia, aprendo al Movimento 5 Stelle. Campo ristretto dicono i contrari a un nuovo abbraccio con Giuseppe Conte. La scissione, come dimostrano quelle praticate ai danni del Partito democratico da due suoi ex segretari (Bersani e Renzi), rimane sempre una prospettiva concreta per tutti coloro che non si ritrovano nel progetto. Che tutti, ma proprio tutti, dicono di soffrire della sindrome Ztl (che sta per Zona a traffico limitato), nel senso che prende voti soprattutto nei centri storici delle grandi citt. E poco importa che in provincia, dove i voti scarseggiano, la formula Ztl non sanno nemmeno che cosa voglia dire con precisione. Un po’ come il finale de La cosa di John Carpenter, la cui comprensione piena rimasta inaccessibile ai pi.
3 ottobre 2022 (modifica il 3 ottobre 2022 | 22:25)
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Tommaso Labate , 2022-10-03 19:52:17 ,