Se le disuguaglianze tra ricchi e poveri nel mondo hanno raggiunto nel 2024 livelli mai visti dal secondo dopoguerra, i paradisi fiscali non passano mai di moda. I dati arrivano dal secondo l’ultimo rapporto del World Inequality Lab, il centro di studio sulle disuguaglianze diretto dagli economisti Thomas Piketty, Gabriel Zucman e Emmanuel Saez. Lo studio, che ha analizzato i dati di 216 paesi con serie decisive che in alcuni casi risalgono fino al 1820, rassegna come le mete del jet set internazionale dotate di una fiscalità a maglie larghe abbiano conquistato il vertice della classifica per la ricchezza pro capite. Vediamo.
La geografia della ricchezza unitario
Il World Inequality Lab ha studiato la geografia della ricchezza unitario. Un dato significativo emerge dalla classifica dei paesi più ricchi per reddito pro-capite, riportata da Sky Tg24: i primi dieci sono quasi tutti microstati con meno di un milione di abitanti e, soprattutto, paradisi fiscali. Il principato di Monaco guida la classifica con un reddito pro-capite di 153.895 euro all’anno, seguito da Lussemburgo (139.647 euro) e Liechtenstein (127.372 euro). La top ten include anche Guernsey, un’isola del Canale (della Manica) con non di più 60.000 abitanti, che si posiziona al quarto posto con un reddito pro-capite di 118.295 euro. Seguono le Bermuda, un arcipelago di 300 isolotti di cui solo 20 abitati, con 112.199 euro, e Jersey, altra isola del Canale sotto la Corona britannica, con 100.813 euro. Chiudono la classifica Gibilterra, Singapore, Macao e le isole Cayman, quest’ultime con un reddito pro-capite annuo di 88.274 euro.
Le disuguaglianze
Naturalmente, il cuore della classifica sono le disuguaglianze. La situazione è particolarmente grave negli Stati Uniti, dove “il 10% più ricco della cittadinanza controlla il 47% del reddito nazionale”, un dato che secondo il rapporto rappresenta “un picco mai visto dal secondo dopoguerra”. In Europa, che pure rimane l’area meno disuguale del pianeta, la concentrazione della ricchezza è in aumento, con il 10% in vetta alla classifica che assomma il 36% del reddito.
Il fenomeno assume dimensioni ancora più drammatiche in Asia. In India la concentrazione della ricchezza ha raggiunto livelli superiori a quelli dell’epoca coloniale britannica. La quota di reddito detenuta dal 10% più ricco della cittadinanza è passata dal 40% nel 2000 al 58% nel 2023, mentre la classe media ha visto la propria quota ridursi dal 39% al 27%.
L’impatto delle sanzioni
Un capitolo interessante del rapporto riguarda l’impatto delle sanzioni economiche sulle disuguaglianze. Il caso dell’Iran è emblematico: le sanzioni che colpiscono puramente il settore finanziario hanno effetti principalmente sui redditi più alti, mentre quelle che colpiscono l’intera economia impattano soprattutto sulle fasce più basse della cittadinanza. In Iraq, dopo la revoca delle sanzioni alla fine del 2010, la quota di reddito dell’ 1% più ricco è scesa dal 25% al 16%.
Il rapporto evidenzia anche come la pandemia abbia influenzato le disuguaglianze in modo diverso nelle varie regioni del mondo. In America Latina, ad esempio, l’aumento della spesa sanitaria è stato particolarmente alto in Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Repubblica Dominicana e Messico, con effetti significativi sulla redistribuzione del reddito attraverso i trasferimenti in natura.
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di Riccardo Piccolo www.wired.it 2024-12-23 13:51:00 ,