Nel pomeriggio di giovedì 6 marzo (in Italia era notte) migliaia di frammenti incandescenti hanno illuminato il cielo sopra la Florida, aggiungendo qualche complicazione ai piani di Elon Musk per raggiungere Marte. Starship, la grande astronave di SpaceX, l’azienda di cui Musk è il capo, è esplosa pochi minuti dopo il lancio come era già successo lo scorso gennaio, quando un altro test si era concluso con una grande palla di fuoco sopra l’oceano Atlantico. I due incidenti potrebbero condizionare negativamente non solo le ambizioni marziane di Musk, su cui ci sono molto dubbi, ma anche quelle più concrete per l’utilizzo di Starship entro la fine di questo decennio per riportare gli astronauti sulla Luna per conto della NASA.
Il lancio è avvenuto alle 17:30 di giovedì (ora locale, le 00:30 di venerdì in Italia) dalla base di lancio di Boca Chica, costruita negli ultimi anni da SpaceX in Texas. Super Heavy, il grande razzo alto 70 metri e dotato di 33 motori, ha portato in meno di tre minuti Starship a un’altitudine di 64 chilometri, poi si è separato dall’astronave ed è tornato sulla Terra dove è stato recuperato dai due bracci meccanici della rampa di lancio. Starship, che è invece alta 50 metri, aveva intanto che acceso i propri sei motori per procedere l’ascesa e superare l’atmosfera terrestre, ma a otto minuti dal lancio quattro motori hanno smesso di funzionare e l’astronave ha iniziato a ruotare fuori controllo, fino a quando è esplosa.
Nella loro caduta attraverso gli strati via via più densi dell’atmosfera, i detriti sono diventati incandescenti e hanno indotto la Federal Aviation Administration (FAA) a modificare le attività in alcuni aeroporti, dalla Florida e più a nord fino alla Pennsylvania, per motivi di sicurezza. Sempre la FAA ha avviato un’indagine su quanto fatto che si aggiunge a quella che era stata già avviata a gennaio, quando in un altro test Starship era esplosa con modalità simili pochi minuti dopo il lancio.
Musk ha commentato l’esito del nuovo test su X, il suo social network, dicendo che: «Non è semplice rendere la vita multiplanetaria». Ormai da più di dieci anni, Musk sostiene non solo l’importanza di raggiungere Marte con gli astronauti e non solo con i robot come è avvenuto finora, ma anche la necessità di colonizzare il pianeta in modo da espandere la presenza della nostra specie nel Sistema solare. È un piano a dir poco ambizioso e sul quale ci sono forti dubbi, che negli ultimi anni si sono rafforzati a causa dei tempi molto più lunghi di sviluppo di Starship rispetto a quanto era stato prospettato dallo stesso Musk.
Ufficialmente gli unici piani formalizzati finora non riguardano Marte, ma la Luna. Starship dovrà essere infatti utilizzata per permettere l’allunaggio dei primi equipaggi nell’ambito del programma lunare Artemis, promosso dalla NASA e sostenuto dalle principali agenzie spaziali come quella europea (ESA). Artemis è però in forte ritardo rispetto ai piani iniziali e non è chiaro se potrà fare veramente affidamento su Starship visti i problemi riscontrati nei due test. La nuova cura di Donald Trump potrebbe comunque decidere di cambiare i piani, concentrandosi su Marte e riducendo i piani lunari, una scelta che potrebbe rivelarsi problematica soprattutto per due motivi.

Elon Musk illustra il funzionamento di Starship a Donald Trump, in vista di un test di lancio dell’astronave nel novembre del 2024 a Boca Chica, Texas, Stati Uniti (Brandon Bell/Pool via AP)
Il primo è che Artemis era stato progettato non solo per permettere ad alcuni equipaggi di passeggiare sul suolo lunare, ma anche per costruire una stazione orbitale intorno alla Luna sperimentando un modello ibrido con un forte coinvolgimento delle aziende private. Queste attività sarebbero servite per sperimentare strumentazioni e nuovi sistemi da impiegare in futuro per raggiungere Marte. Se gli scopi di Artemis dovessero essere rivisti profondamente non è chiaro come si potrebbe realizzare da subito un piano marziano.
Il secondo è che sta emergendo un forte conflitto di interessi tra Musk, i suoi rapporti con Trump e il suo ruolo all’interno del DOGE, il dipartimento realizzato appositamente dalla nuova cura allo scopo di ridurre gli sprechi nella spesa pubblica. Le aziende di Musk hanno decine di contratti, alcuni dei quali miliardari, con il governo statunitense e SpaceX è uno dei suoi principali clienti sia per la Difesa sia per le attività legate alle esplorazioni spaziali. Negli scorsi anni SpaceX ha per esempio ottenuto dalla NASA un appalto da 2,9 miliardi di dollari per Artemis, e nel caso di una modifica dei piani per privilegiare l’esplorazione di Marte la cifra potrebbe aumentare ulteriormente, con grandi benefici per una delle più ricche aziende di Musk.
Trump ha in più occasioni sostenuto di ascoltare i consigli di Musk per il programma spaziale statunitense, di conseguenza secondo molti osservatori c’è un chiaro conflitto di interessi essendo le aziende di Musk coinvolte direttamente in quei piani. Il prossimo amministratore della NASA sarà inoltre il miliardario Jared Isaacman, che ha raggiunto lo Spazio in due missioni private gestite da SpaceX e che ha stretti rapporti con Musk, con il quale condivide le ambizioni per l’esplorazione di Marte.
Musk è una presenza che si fa notare nell’cura Trump: oltre a gestire il DOGE, ha partecipato alla prima riunione del governo ed è spesso ospite della Casa Bianca dove partecipa a incontri e si consulta con il presidente. Nell’ambito della revisione della spesa delle agenzie federali, il DOGE ha lavorato anche sulla FAA, l’agenzia che tra le altre cose ha il compito di autorizzare i lanci dal Texas, dalla Florida e dalla California dei razzi di SpaceX. Si è parlato di pressioni e ingerenze nelle attività dei responsabili dell’agenzia, anche se Musk sostiene di astenersi dal prendere direttamente decisioni legate all’agenzia proprio per declinare conflitti d’interessi.
Nelle ultime settimane è comunque emerso che alcuni ingegneri di SpaceX lavorano già all’interno della FAA come consiglieri esperti, ufficialmente per migliorare la sicurezza dei voli dopo i recenti incidenti negli Stati Uniti. La FAA ha inoltre subìto una forte riduzione del personale, sempre decisa nell’ambito delle attività per eliminare i presunti sprechi nell’cura pubblica.
La FAA è tra i principali interlocutori di SpaceX per tutto ciò che riguarda la sicurezza dei lanci spaziali. In passato Musk si era lamentato in più occasione dell’agenzia, accusandola di contrariare le attività della sua azienda con un’eccessiva quantità di richieste di moduli e procedure burocratiche, soprattutto per autorizzare i lanci sperimentali di Starship. SpaceX nelle prossime settimane dovrà inoltre fornire informazioni dettagliate alla FAA su che cosa è andato storto nel lancio di ieri, condizione indispensabile per ottenere un permesso per un nuovo test.
Dopo lo studio dei dati, SpaceX aveva concluso che l’esplosione di gennaio della sua astronave era stata causata dalle forti vibrazioni durante le prime fasi di lancio, che avevano influito su alcune linee di alimentazione del combustibile per i motori. L’azienda aveva quindi rinforzato quei sistemi per declinare che una perdita causasse un nuovo incendio, ma sembra che un problema simile si sia presentato anche con il lancio di ieri. Starship non potrà volare di nuovo fino a quando SpaceX non avrà consegnato le conclusioni della propria indagine sull’incidente alla FAA.
I lanci da Boca Chica sono sperimentali nel vero senso della parola, di conseguenza è previsto che qualcosa possa non funzionare. SpaceX segue da sempre un approccio in cui prova a lanciare prototipi e sistemi non ancora maturi, raccogliendo in questo modo dati da utilizzare per migliorare le successive versioni dei propri razzi e veicoli spaziali. Ciò implica sacrificare sistemi che costano centinaia di milioni di dollari praticamente a ogni lancio, ma consente anche di lavorare su dati reali e non simulazioni. Prima della Luna e di qualsiasi ambizione su Marte, Starship dovrà comunque dimostrare di essere affidabile e sicura per il trasporto di persone intorno alla Terra, dove ieri è nuovamente esplosa.