Partono mentre c’è la guerra in Europa, un’economia in affanno, una crisi climatica che lascia il segno. Ma anche felici di tornare ad abbracciarsi, immersi in una folla di coetanei in cerca di Dio e del senso della vita, lasciandosi alle spalle una pandemia che li ha tenuti per lunghi mesi chiusi in abitazione nel pieno della giovinezza, amputati nelle relazioni, a volte intimoriti. La sigla è sempre quella, “giemmegì”, Giornata mondiale della gioventù, ma quella che papa Francesco conclude a Lisbona, la prossima settimana, è molto diversa dalle grandi kermesse inventate da Giovanni Paolo II nel 1985, e anche dagli appuntamenti presieduti dallo stesso Bergoglio negli anni scorsi. In poco tempo è cambiato il mondo, e la gmg con esso.
“Il covid ha dato una mazzata allucinante”, dice Aurora Colognesi, 23 anni, studentessa di psicologia del lavoro. Il virus ha interrotto la vita in parrocchia, l’associazionismo, i raduni, “e dopo non si è recuperato quello che c’era prima”, spiega Aurora, che ad Aprilia partecipa al gruppo di Azione cattolica. All’ultima gmg, a Cracovia nel 2016, aveva meno dubbi sulla fede, oggi parte con più domande: “Il covid ci ha messo il carico da undici: se già la fede tentennava, il fatto che stai chiusa dentro abitazione e non hai la possibilità di condividere i tuoi dubbi rende ancora più complicato risolverli”.
Già i numeri dicono che sarà una gmg diversa: a Rio de Janeiro nel 2013 Francesco incontrò 3 milioni di ragazzi, con Wojtyla nel 2000 arrivarono nella spianata di Tor Vergata due milioni e mezzo di giovani, a Manila nel 1995 cinque milioni. Ora gli iscritti sono 300 mila, contando anche i partecipanti non ufficiali saranno molti di più, ma difficilmente si arriverà al milione. Cifre enormi, comunque, ma inferiori al passato.
Pesa la crisi economica, ma a monte questi raduni rispecchiano l’evoluzione della Chiesa: meno fedeli in chiesa, almeno in Europa, e meno anche nelle piazze. “Diamo la colpa al covid ma forse non è solo colpa del covid”, ragiona Aurora. Secondo Samuele Rogo, 21 anni, che fa parte dello stesso gruppo di Azione cattolica, quella di Lisbona può essere “una gmg rivoluzionaria”: “Il primo evento di queste dimensioni dopo la pandemia non può essere come prima”, afferma questo studente di scienze chimiche: “Non siamo tornati alla normalità di prima”. Ora, per lui, c’è l’occasione di cambiare: “Dopo tanti anni la Chiesa si è accorta delle sue difficoltà, e forse c’è voluto il covid: bisogna ripartire dal piccolo, tornare a curare le relazioni”.
Dei 65 mila ragazzi italiani in partenza per Lisbona, c’è chi va in pullman e chi via mare: dalla Campania, racconta Francesco Trambarulo, 25 anni, animatore di comunità del progetto Policoro di Napoli, partono 1000 ragazzi e già sulla nave da Civitavecchia a Barcellona si confronteranno, pregheranno insieme, chi vorrà si confesserà con i preti presenti a bordo. C’è anche chi sta andando in bici, come un gruppo di ragazzi della diocesi di Padova che raccontano il loro viaggio su Instagram – anche questo è un segno dei tempi – con l’account “Randagi dell’asfalto”: “Di giorno in giorno – spiegano a radio Oreb, la radio dei cattolici del Veneto – vediamo cambiare il paesaggio, sentiamo lingue diverse, viviamo momenti di condivisione e ospitalità”.
Scelte dettate dalla vocazione al pellegrinaggio, dal bisogno di risparmiare un po’, e anche da una sensibilità, anch’essa relativamente nuova in questa gmg, per la crisi ambientale. “E’ sacrosanto parlare di cura del creato, come ci dice il Papa, deve essere un argomento prioritario per la Chiesa”, commenta Samuele. Gli organizzatori portoghesi hanno fatto scelte precise in tal senso: nella sacca del pellegrino, in tela, c’è una borraccia, chi scarica l’app della gmg trova un calcolatore dell’impronta del carbonio che suggerisce ai giovani pellegrini comportamenti ambientalmente responsabili, dalla soluzione di soggiorno all’alimentazione al numero di docce consigliabili. “Non saremo tantissimi rispetto alle gmg del passato ma c’è grande sensibilità per questo appuntamento che vuole essere a impatto zero, con materiali riciclabili e senza uso della plastica”, riassume Francesco Trambarulo, che non dimentica anche un altro dramma sullo sfondo delle giornate di Lisbona, la guerra in Ucraina: “Non c’è cosa più bella che riconoscerci tutti fratelli e sorelle”, dice, “e testimoniare che si può stare insieme al di là delle lingue e delle culture”. A Lisbona ci saranno sia giovani cattolici ucraini che russi.
Di certo tutti sono impazienti di tornare a riunirsi dopo la pandemia. “Finita la paura del contagio c’è un grande bisogno di stare accanto agli altri”, dice Francesco. Secondo Aurora, alla gmg “ti senti simile a persone che neanche conosci”. Per Samuele, può essere “la breccia all’interno di persone che si vogliono chiudere”. Da Rovigo Maria Sicchiero, 28 anni, si prepara a un pellegrinaggio particolare. “Ho una disabilità fisica”, racconta. I social non sono la sua priorità: “Quando scendo dalla corriera il mio primo pensiero è non perdermi il gruppo”, scherza. A Cracovia, sette anni fa, andò alla gmg accompagnata dal padre, questa volta, pur assistita, andrà da sola. “Dal punto di vista psicologico e fisico immagino che sarà una sfida”, ammette. Anche lei nota il contrasto con la pandemia: “I giovani che hanno vissuto gli ultimi anni dell’adolescenza in abitazione fanno fatica anche nelle cose più normali, sono abituati a stare sul divano davanti alla televisione o con i social, magari hanno paura della massa, e scegliere un’esperienza del genere, senza comfort, non è scontato”. Quando si è iscritta per andare a Lisbona, gli organizzatori le hanno subito chiesto di quale supporto logistico avrà bisogno a Lisbona: “C’è stata una grande disponibilità – racconta Maria – spero che questo incoraggi anche altri in futuro a buttarsi in questa cosa un po’ azzardata!”.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-07-28 19:45:04 ,www.repubblica.it