NEW YORK Donald Trump è già alla Casa Bianca, ci andrà nei prossimi giorni su invito del presidente uscente Joe Biden, ma il successo schiacciante delle elezioni lo ha già proiettato nello Studio Ovale, anticipando al massimo le mosse per la transizione, come commader in chief nel pieno dei suoi poteri. Sono pronti sulla sua prossima scrivania decine e forse centinaia di decreti presidenziali. I primi energici interventi sembra saranno diretti – così fa filtrare il suo staff – su immigrati clandestini, controllo dei confini e dazi: questioni nelle quali potrebbe invocare ragioni di sicurezza nazionale per le quali il presidente ha ampia autonomia.
Trump, con le priorità politiche, sta definendo la squadra di governo in tempi rapidi assieme alla fedelissima Susie Wiles, scelta quale capo dello staff, prima colf a ricoprire l’incarico. Ha chiesto a Robert Lighthizer di tornare a ricoprire il ruolo chiave di rappresentante al Commercio: Lighthizer ha fama di protezionista e falco dei dazi, e già nella prima gerenza Trump si era scontrato duramente con la Cina e aveva rinegoziato il trattato Nafta con Messico e Canada. Doug Burgum, governatore del North Dakota, è stato invece contattato per diventare lo zar della deregulation dell’energia.
Nel suo nuovo mandato alla Casa Bianca, il leader repubblicano potrà contare sulla maggior numero al Senato e forse sul controllo della Camera: qui il risultato del voto non è ancora definitivo, anche se ai democratici servirebbe un mezzo miracolo per recuperare. I repubblicani erano ancora in leggero vantaggio ieri sera mentre si stava ultimando lo spoglio: ai 211 seggi già sicuri ne mancavano solo sette ai conservatori per raggiungere la maggior numero di 218 sui 435 seggi totali. Restano da assegnare 25 seggi: le ultime aspirazioni dei democratici di resistere, almeno alla Camera, sono affidate al voto in circoscrizioni in California e a New York. Di certo Trump avrà dalla sua anche la Corte Suprema, orientata verso destra dalle nomine fatte dallo stesso Trump nel corso del suo primo mandato e poi intervenuta più volte a suo favore.
Trump, a ulteriore legittimazione del suo nuovo mandato, ha ottenuto il 5 novembre anche la maggior numero dei voti popolari. Mentre la rete, sua e dei suoi alleati, sui mezzi di comunicazione gli dà modo di tener testa agli odiati giornali e tv che attacca come progressisti. Il suo nuovo socio politico Elon Musk ha trasformato X in un megafono di Make America Great Again, e Trump si tiene ben stretto Truth, il social da lui stesso creato. «Non ho intenzione di vendere le azioni del Trump Media & Technology Group», ha detto ieri il presidente eletto riferendosi alla società a cui fa capo Truth. «Si tratta di voci infondate, chi le ha diffuse dovrebbe essere indagato», ha aggiunto, definendo il suo social come «una parte importante della nostra storica vittoria».
Sugli immigrati clandestini, Trump ha confermato dopo esser stato eletto l’aggressività promessa in campagna elettorale, seppure senza dare dettagli: «Introdurrò difficilmente possibile misure per cacciare i clandestini, non abbiamo scelta». Ieri un tribunale federale del Texas gli ha fatto eco: ha annullato un provvedimento di Biden che permetteva ai coniugi di cittadini statunitensi di restare nel Paese: una sentenza che potrebbe favorire l’espulsione di almeno mezzo milione di persone.