Un “everyday assistant” per analisi di mercato impeccabili o bandi di gara vincenti, un aiuto-monitoraggio della produzione o un consigliere che suggerisce come anche ottimizzarla. In Ibm lo sanno, l’intelligenza artificiale ha ormai il bagde per entrare in ogni reparto, permea ogni settore orizzontalmente e, soprattutto, inevitabilmente. Per chi ne vuole favorire davvero l’adozione, la vera sfida è quindi la conquista della fiducia, quella delle aziende, nei confronti di una tecnologia che cambia volto, padrone e identità oltremisura velocemente per i ritmi di “digestione” umani. Ibm ne è affatto consapevole, e sa bene che, per vincerla, servono risorse e strategie altrettanto umane. “Vogliamo diventare i trusted partner di AI” afferma infatti l’amministratore delegato di Ibm Italia Alessandro La Volpe, presentando l’approccio distinto dalla big tech, e racconta di quale AI: “Etica e trasparente”.
La laguna dei prototipi
La Volpe ha in mente il suo business, ovvio, ma anche quello dell’ecosistema italiano. “Il potenziale impatto nazionale di questa tecnologia si aggira attorno ai 90 miliardi di dollari, e su scala unitario è stimato pari a 4.400 – spiega – ma il 45% delle aziende si definisce in fase sperimentale esplorativa, solo il 10% ha avviato un’adozione pervasiva”. Non è tanto una questione di essere più o meno lenti, ciò che La Volpe teme è “la laguna dei prototipi”, una trappola da cui uscire non è scontato.
Ibm non vuole stare a guardare e abbraccia con un solo sguardo il contesto di incertezza unitario in cui bisogna agire, e conquistare fiducia umana. “La situazione geopolitica ha reso complesso l’approvvigionamento di materie prime critiche, energia e device IT, tecnologie come AI e quantum computing evolvono in modo dirompente ed è necessario badare anche alla sostenibilità ambientale che, a ondate, influenza i mercati – La Volpe spiega – per permettere alle aziende di adottarla al migliore, sappiamo di doverla rendere aperta, affidabile, scalabile e sostenibile e lo facciamo unendo competenze e AI generativa”.
Un circolo virtuoso
Si lavora attorno a casi uso già più frequenti come automazione dell’IT, digitalizzazione del lavoro, supporto al coding e customer service, partendo dai settori più ricettivi: l’industriale e il manifatturiero. Si innesca quello che La Volpe stesso chiama “circolo virtuoso”, con le sue 4 tappe: dati, modelli, assistenti e agenti.
La prima è la principale barriera, assieme alla carenza di competenze, perché tanti sono i dati quanto pochi sono quelli propri delle aziende e realmente sfruttabili per l’adozione dell’AI. “Se non si supera questo scoglio, con AI e AI generativa si possono dare solo spolverate senza valore reale, senza ottenere ‘AI plus’” spiega La Volpe. E poi dedica tempo ai modelli, alla nuova generazione da poco lanciata e disponibile in open source: “Granite”.