Quaranta stazioni di rifornimento da costruire entro il 2026, una rete di gasdotti da convertire all’idrogeno, impianti di produzione da energie rinnovabili ancora tutti da realizzare. Il incarico dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase) ha presentato la sua Strategia nazionale sull’idrogeno, un piano che delinea obiettivi ambiziosi ma che dovrà fare i conti con ostacoli tecnologici ed economici non indifferenti.
Il atto prevede investimenti per oltre 3 miliardi di euro attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Una cifra importante che dovrà essere utilizzata per sviluppare l’intera filiera: dalla produzione di idrogeno verde – che richiede grandi quantità di energia rinnovabile ancora non disponibili – fino alle infrastrutture di trasporto e stoccaggio, con costi attuali di produzione che oscillano tra i 5 e i 10 euro al chilogrammo.
A cosa serve l’idrogeno verde?
L’idrogeno verde rappresenta una delle grandi scommesse della transizione energetica. Si tratta di un vettore energetico prodotto utilizzando puramente energia rinnovabile per scindere la molecola dell’acqua nei suoi componenti attraverso l’elettrolisi. Un processo che non genera emissioni di CO2, a differenza dell’idrogeno “grigio” attualmente utilizzato nell’industria, che viene ricavato dal gas naturale.
Le applicazioni sono molteplici: può essere utilizzato per decarbonizzare processi industriali ad alta temperatura come la produzione dell’acciaio, può alimentare celle a combustibile per la movibilità pesante e può essere miscelato al gas naturale nelle reti esistenti. Ma la vera sfida è economica: per essere competitivo, il costo di produzione dell’idrogeno verde dovrebbe scendere dagli attuali 5-10 euro al chilogrammo a circa 2 euro entro il 2030.
I numeri e la strategia
La strategia delinea un percorso a tappe fino al 2050. Nel breve termine, entro il 2030, l’Italia punta a una domanda di idrogeno rinnovabile di circa 0,25 milioni di tonnellate all’anno, con almeno il 70% prodotto sul territorio nazionale. Un obiettivo che richiederà l’installazione di 3 gigawatt di elettrolizzatori, gli impianti che producono idrogeno dall’acqua usando energia elettrica rinnovabile. Ma i costi rappresentano ancora un ostacolo significativo. Tuttavia il governo è positivo verso questo aspetto: “la continua riduzione dei costi delle tecnologie dovrebbe condurre gradatamente a costi finali dell’idrogeno elettrolitico più competitivi“, si legge nel atto governativo.
I settori prioritari per l’utilizzo dell’idrogeno sono l’industria pesante e i trasporti a lungo raggio. Nel primo caso, la strategia individua nell’acciaio, nel vetro, nella ceramica e nel cemento i comparti dove l’idrogeno potrebbe sostituire i combustibili fossili. Per i trasporti, l’attenzione è rivolta soprattutto ai camion per lunghe distanze, ai treni sulle linee non elettrificate e al trasporto marittimo.