Si chiamava Enea Tech, poi Enea Tech e Biomedical. Aveva una dote di 500 milioni, poi di 900 milioni, poi dopo solo due mesi di nuovo di 500.
È la controversa storia del fondo Enea Tech, fondo del Ministero dello Sviluppo economico, che doveva servire a sostenere le start up in quattro settori: information technology, energia verde, healtcare e tecnologie legate a infrastrutture e materiali. Era partito dopo un anno di gestazione lo scorso dicembre, con una dote di 500 milioni, fino ad un massimo di 1,4 milioni in 5 anni. La scorsa primavera si erano già candidate a ricevere fondi le prime centinaia di aziende.
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Poi improvvisamente uno stop perché il fondo viene trasformato in qualcosa, in teoria, di ancora più evoluto: doveva supportare la ricerca farmaceutica, guardando in particolare allo sviluppo di una possibile filiera del vaccino anti-covid. Così viene rinominato Enea Tech e Biomedical, con una dote aggiuntiva, grazie al decreto Sostegni bis di luglio, di 400 milioni in più, con la richiesta che in totale 650 milioni venissero indirizzati per questo nuovo scopo biomedicale.
Dopo due mesi da quella decisione, e nonostante l’arrivo di denaro, la società non ha ancora un nuovo cda né un nuovo statuto né un nuovo presidente, nonostante si parlasse quasi apertamente dell’arrivo imminente di Giovanni Tria.
Poi un colpo di scena. Solo due mesi dopo, il 17 settembre, la direzione generale del Mise sottolinea in un decreto che «non risultano al presente esigenze di risorse aggiuntive e che pertanto è possibile rinviare il trasferimento». I 400 milioni dati a luglio, a settembre tornano a Invitalia. Almeno per ora.