“L’antropizzazione spinta, le modifiche, piuttosto, apportate al territorio dall’uomo hanno ridotto la capacità di smaltimento delle acque, che sono oggi iper-convogliate” prosegue Scoccimarro. Gli interventi più efficaci, spiega, sono quelli che lasciano ai corsi d’acqua lo spazio che negli anni è stato ridotto a causa delle opere di urbanizzazione o di quelle necessarie all’agricoltura. Sono anche i più complessi, viene da aggiungere: spostare coltivazioni e, soprattuto, persone, è difficile. Interi quartieri sono stati edificati scelleratamente in zone ad alto rischio. Per non parlare dei casi di abuso.
Una nota positiva, in questo quadro fosco, arriva dai sistemi di allerta (il cosiddetto early warning). “Nel caso di Boris e in quello dell’Emilia-Romagna le previsioni hanno funzionato: senza, la conta delle vittime sarebbe stata probabilmente maggiore”, conclude Scoccimarro. In questi casi aggiunge, importante è la tempestività delle azioni per ridurre il rischio sanitario.
Il problema delle assicurazioni
Quello che è certo è che i disastri del clima non sono più un problema da piccola isola tropicale. Il 2023 in Italia è stato un anno del tutto fuori scala, ed è ancora presto per tracciare il bilancio del 2024. Ma non è più possibile ignorare la situazione. Anche perché i costi delle assicurazioni contro i rischi meteorologici sono alle stelle. Non solo: in non pochi casi gli operatori rifiutano le coperture, ritenute ormai poco convenienti. Quando i fenomeni sono esagerato frequenti, si preferisce investire in altri rami assicurativi, più profittevoli. È la logica delle assicurazioni: ma i cittadini, così, restano esposti senza protezione.
Quello in corso in questi anni è un braccio di ferro tra le compagnie e i governi, con le prime che, per tornare a garantire le polizze, chiedono agli Stati di intervenire sia facendosi carico direttamente delle opere di adattamento a tutela di città, infrastrutture e campagna, sia con politiche di incentivo alla copertura. In questo senso va l’obbligo per le imprese di assicurarsi contro i rischi catastrofali entro la fine del 2024, contenuto nell’ultima legge di bilancio: chi non vi si atterrà rischia di perdere l’accesso a contributi, sovvenzioni e agevolazioni di carattere finanziario. Aumentare la base degli assicurati, spiegano gli operatori, aiuta a sfruttare il principio di mutualità, che regge tutto il comparto. È un primo passo: ma il terreno della prevenzione è scivoloso perché costoso, e può richiedere caro anche in termini di consenso. Fino alla prossima tragedia.