“Se dici che tua mamma o tuo papà hanno un tumore o un qualsiasi problema di salute fisica, difficilmente qualcuno li colpevolizzerà per questo o li riterrà dei cattivi genitori. Ma se provi a dire che hanno un disturbo psichico o una malattia mentale, come schizofrenia, disturbo bipolare o depressione, ti guarderanno con sospetto, paura o diffidenza”. Stefania Buoni parte dalla sua biografia per raccontare la vita dei giovani caregiver, i figli di genitori affetti da una malattia mentale. “Avevo quindici anni quando la mia mamma e il mio papà hanno iniziato a soffrirne. È stato come se uno tsunami stesse improvvisamente travolgendo la mia famiglia. In quel preciso momento, senza nemmeno esserne consapevole, sono diventata una giovane caregiver e la mia vita si è trasformata in qualcosa di significativamente diverso da quella dei miei coetanei”.
Giovani schiacciati da un compito da adulti
Anche se ogni storia è a sé, chiarisce, perché le complicazioni e le risorse famigliari e personali sono diverse, è indubbio che per molti figli di genitori con un disturbo mentale il peso delle responsabilità sia estremamente pesante. “Alcune notti non riesci a dormire perché mamma o papà vedono o sentono cose che non esistono, gridano, si agitano. Non sai cosa fare. Nessuno ti ha preparato a sventare un suicidio, o gestire l’alternarsi di stati maniacali e depressivi. Ti senti impotente”. Certi giorni, prosegue, “quando torni da scuola, il frigo è vuoto, le luci sono spente, c’è un silenzio che satura le stanze finché le urla non travolgono di nuovo tutto”.
Il carico è abnorme. “Devi studiare, fare la spesa, occuparti del resto della famiglia, parlare con i medici. Vorresti prendere le distanze, almeno per un po’, ma i sensi di colpa e l’angoscia ti inseguono. Una domanda non smette di assillarti: che cosa succederà se io me ne vado: farà male a sé stesso?””. L’incertezza diventa la cifra di ogni giornata. “Provi paura, rabbia, tristezza, amore e odio tutto insieme”.
Eppure, sottolinea Stefania, forse l’aspetto più difficile da sopportare è l’isolamento. “Lo stigma e il pregiudizio verso i disturbi mentali sono talmente prepotenti che non è facile raccontare la propria esperienza di figlio. E anche quando riesci a farlo, il mondo intorno sembra sordo, e anche muto, perché non sempre comprende”. Spesso, aggiunge, “ti ritrovi ad affrontare queste esperienze da solo perché è difficile incontrare qualcuno che sappia aiutarti. Se in salute mentale si investe poco, ancora meno si fa per sostenere i giovani caregiver”.
Un’associazione per combattere lo stigma
Per aiutare questi “forgotten children”, i figli dimenticati, nel 2017 Stefania Buoni ha fondato l’associazione Comip (Children Of Mentally Ill Parents). “Abbiamo creato una rete di ascolto e portiamo alla luce questa realtà anche nelle scuole, perché desideriamo che questi bambini, adolescenti e giovani non portino sulle spalle un peso così imponente. E poi creiamo iniziative di sensibilizzazione e informazione per infrangere il tabù chi vive l’esperienza della sofferenza mentale: l’Oms stima siano un miliardo di persone nel mondo”. #EndTheStigma è infatti l’hashtag che accompagna i progetti e le campagne sulle pagine facebook e instagram dell’associazione.
Nel 2018 Stefania ha scritto anche un libro, Quando mamma o papà hanno qualcosa che non va, una mini guida come quella di cui avrebbe avuto bisogno quando era ancora un’adolescente. “Avrei voluto sapere che c’erano delle spiegazioni per quello che stavo vivendo, e soprattutto avrei voluto che qualcuno lo spiegasse anche al resto del mondo”. Il volume si rivolge non solo ai ragazzi, ma anche agli operatori della salute mentale, ai pediatri, agli assistenti sociali e agli insegnanti (le scuole possono richiederne una copia gratuita).
“Quello che abbiamo davanti è un cammino lungo e tortuoso, ma una delle caratteristiche positive che noi figli di genitori con un disturbo mentale abbiamo è la volontà di cambiare lo status quo”. All’impegno di Stefania e di Comip è dedicato il podcast “Nodi” di Chora Media, promosso da Angelini Pharma, che racconta, attraverso la voce di Andrea Delogu, le storie e i legami che uniscono chi convive con una malattia mentale o un disturbo neurologico a chi, ogni giorno, dedica loro tempo, energia e attenzione.