Proporre una riforma elettorale in senso proporzionale che fotograferebbe la frammentazione anche nelle urne
indicativa la discussione che sta dividendo i partiti sul sistema elettorale. Racconta un Parlamento di minoranze che temono di rimanere tali ancora a lungo; e di alleanze e schieramenti che sulla carta esistono ancora o si vanno formando, ma potrebbero presto subire scossoni. Quando Luigi Di Maio spiega al Corriere che il M5S punta al 20 % dei consensi, e cio oltre un terzo in meno rispetto al voto del 2018, certifica questa frammentazione.
E il fatto che veda in questo traguardo, oggi peraltro assai improbabile, un modo per essere la guida dell’alleanza col Pd, sembra scommettere su un socio politico con meno consensi. D’altronde, nello stesso centrodestra la competizione tra Fratelli d’Italia e Lega si gioca su percentuali simili, con FI molto sotto il dieci %. Ma soprattutto, se dovesse perpetuarsi una situazione che vede Lega e FI al governo nazionale, e la destra di Giorgia Meloni all’opposizione, c’ da chiedersi se continuerebbe a esistere un centrodestra.
I leghisti sostengono che i grillini sono sempre pi per il sistema proporzionale perch sanno di perdere: analisi probabilmente corretta. Il M5S dato in discesa: addirittura sotto il 15 %. Ma la domanda se le altre forze politiche siano in grado di sfuggire a un destino di frammentazione che il governo di Mario Draghi non ha provocato ma al massimo rivelato e accelerato; e dunque, se sia cos scontata la possibilit di costruire alleanze prima del voto, tali da ottenere la maggioranza dei seggi.
Quando i leader invocano l’esigenza di un patto preventivo sulle candidature per il Quirinale, prendono atto anche di un Parlamento che ha identit e lealt di partito liquide; e che, se non viene governato, diventer dominio dei franchi tiratori. Ma proporre una riforma elettorale in senso proporzionale che fotograferebbe la frammentazione anche nelle urne, sovrappone dinamiche e logiche differenti. Cercare un’intesa sul capo dello Stato tra forze divergenti quasi obbligatorio per trovare chi esprima l’unit del Paese. Pensare che questa logica possa valere nelle urne, invece, significherebbe certificare un prolungamento dell’emergenza e della crisi del sistema: quello che ha portato alla soluzione inevitabile ma eccezionale della coalizione guidata da Draghi; e ad accordi tra formazioni agli antipodi, difficili da ripetere. Anche perch ci si avvicina comunque al voto politico. E le differenze tra i partiti, la voglia di smarcarsi e distinguersi, si accentueranno quasi per forza di inerzia. Mentre dicono di volere la continuit del governo Draghi, tutti sanno che sar difficile garantirla. Il futuro dell’esecutivo un’incognita, comunque.
16 dicembre 2021 (modifica il 16 dicembre 2021 | 21:42)
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Massimo Franco , 2021-12-16 20:42:47
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