Il 12 aprile di sessant’anni fa, Yuri Alekseyevich Gagarin salì a bordo della capsula spaziale Vostok 1 (“oriente” in russo) e divenne il primo essere umano a viaggiare nello Spazio e a orbitare intorno alla Terra. La missione segnò un importante successo per il programma spaziale sovietico, che aveva avviato la cosiddetta “corsa verso lo Spazio” appena quattro anni prima con il lancio del primo satellite artificiale, lo Sputnik 1.
L’impresa di Gagarin confermò più di altro come lo Spazio fosse ormai diventato uno dei principali campi di confronto tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti: le due superpotenze erano in competizione per dimostrare di avere le migliori tecnologie e di essere pronte a sfruttarle non solo in orbita, ma eventualmente anche sulla Terra per scopi bellici.
Gagarin era nato il 9 marzo del 1934 nel villaggio di Klušino, nella Russia occidentale. Aveva studiato in un istituto di formazione professionale e successivamente aveva frequentato un istituto scientifico, dedicando buona parte del proprio tempo libero allo studio del volo e degli aerei. A 21 anni Gagarin si iscrisse a una scuola militare per piloti e nel 1957 divenne luogotenente dell’aeronautica sovietica.
Nel 1960, dopo un durissimo allenamento a tappe forzate per non perdere il vantaggio sugli Stati Uniti, Gagarin fu scelto per partecipare al programma spaziale Vostok, il cui obiettivo principale era portare per la prima volta un essere umano in orbita intorno alla Terra.
Gagarin entrò nella capsula spaziale intorno alle sette del mattino del 12 aprile. La navicella che lo avrebbe trasportato nello spazio era particolarmente piccola, di forma sferica e non consentiva di compiere molti movimenti. All’interno era stata collocata una videocamera, così da consentire al centro di controllo di verificare le condizioni del cosmonauta durante la missione, mai tentata prima.
Superati alcuni problemi tecnici, alle 9:07 del cosmodromo di Baikonur un potente razzo spinse la Vostok 1 verso l’orbita.
La navicella aveva diversi sistemi automatici di controllo e rispondeva anche ai comandi da terra, mentre a bordo Gagarin non aveva possibilità di controllarla direttamente. I ricercatori del programma spaziale non erano certi di quali potessero essere le reazioni del corpo umano all’assenza di peso e, per non rischiare, avevano deciso di controllare a distanza la Vostok 1, bloccando i comandi a bordo. A Gagarin fu comunque dato un codice per sbloccare le strumentazioni nel caso in cui ci fosse stata qualche emergenza.
La missione durò 108 minuti dal momento del lancio a quello del rientro sulla Terra. La capsula fece un’orbita completa intorno al nostro pianeta prima di un turbolento ingresso nell’atmosfera. Come previsto dalla missione, a circa settemila metri dal suolo, Gagarin si separò dalla capsula compiendo l’ultima porzione del ritorno con un paracadute.
Mentre era in orbita, Gagarin comunicò via radio con il centro di controllo, confermando in diverse occasioni di sentirsi bene e chiedendo informazioni sull’andamento della sua missione.
Le sue prime parole appena tornato sulla Terra furono: «Sono un amico, compagne, un amico!». Le pronunciò davanti a una bambina che stava piantando patate in un campo con l’aiuto della propria nonna, nei pressi dell’area in cui era atterrato. Le sue interlocutrici, piuttosto stupite, gli chiesero come fosse arrivato lì e Gagarin rispose «Con una navicella». Gli fecero notare che non c’era il mare nelle vicinanze, e il cosmonauta disse con loro sorpresa che era arrivato dal cielo.
In seguito, Gagarin scrisse nel proprio rapporto di non avere patito più di tanto le condizioni del viaggio: «L’assenza di peso non influisce sulle normali condizioni dell’organismo e sulle sue funzioni fisiologiche». Oggi sappiamo che le cose sono un poco più complicate, ma nel poco tempo trascorso nella capsula Gagarin pensò soprattutto a godersi la Terra da un punto di vista privilegiato, come non l’aveva mai osservata nessuno.
Grazie al successo della missione spaziale e alla propaganda sovietica, Yuri Gagarin divenne rapidamente una celebrità. Dopo una breve esperienza politica nel Soviet, tornò nella Città delle Stelle, il centro militare di addestramento e ricerca sullo Spazio della Russia, e lavorò a diversi progetti per la costruzione di nuove tute spaziali più comode e resistenti.
Il 27 marzo del 1968, Gagarin morì insieme al proprio copilota in un incidente aereo avvenuto in circostanze poco chiare, che nel corso degli anni hanno alimentato teorie difficilmente dimostrabili su una cospirazione.
Nei giorni seguenti al primo volo spaziale umano, la stampa sovietica non mancò di mettere in evidenza i grandi risultati raggiunti dalla ricerca e dalla tecnologia del programma spaziale sovietico. Gli Stati Uniti si congratularono ufficialmente con l’Unione Sovietica e si diedero da fare per accelerare il loro programma spaziale, arrivando al lancio dell’astronauta Alan Shepard nello spazio il 5 maggio del 1961, tre settimane dopo il lancio dei sovietici.
Shepard non orbitò intorno alla Terra, ma in compenso fu il primo astronauta a controllare manualmente alcuni comandi della propria capsula spaziale. Il primo statunitense a compiere un’orbita terrestre fu John Glenn il 20 febbraio del 1962, quasi a un anno dal lancio di Gagarin. Gli Stati Uniti erano visibilmente in ritardo nella corsa spaziale, ma erano già al lavoro per il loro nuovo ambizioso obiettivo: raggiungere presto la Luna.