Il Principe Cerca Moglie è stato molto di più di una commedia
| Wired Italia

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Sono 35 anni per il Principe Cerca Moglie, una delle commedia di genere più amate di sempre, di certo un vero e proprio monumento a tutto ciò che ha reso gli anni ‘80, un periodo unico ed irripetibile cinematograficamente parlando. Riguardare il film di John Landis, con Eddie Murphy e Arsenio Hall che si trasformano senza alcun limite, significa però anche ammettere che in quel 1988 nacque un film che sapeva parlare di molte problematiche dell’America di quegli anni, ed in particolare della comunità afroamericana.

La genesi del film

Il Principe Cerca Moglie rimane la risposta perfetta alla domanda: qual è la ricetta giusta per fare una commedia cult? Innanzitutto, devi trovarti a fine anni ‘80, quando ridere era l’imperativo, poi devi avere il più grande comico del momento, coadiuvato da una spalla all’altezza. C’era l’idea giusta: parlare della società senza nascondere nulla, con la giusta misura di ferocia e di sincerità, che poi è il modo migliore per ridere delle proprie stesse disgrazie. Ultimo ma non ultimo, devi avere anche il regista adatto e chi meglio di John Landis, uno che aveva contribuito a lanciare Murphy solo pochi anni prima. L’idea venne all’attore, ormai sulla cresta dell’onda grazie a successi come Beverly Hills Cop, 48 Ore, il Bambino d’Oro e naturalmente Una Poltrona per Due. Fu Eddie Murphy a pensare ad una sorta di commedia fantasy, dove un Principe africano viziato, senza spina dorsale e senza alcuna reale conoscenza del mondo, si ritrovasse in fuga nella parte peggiore della Grande Mela, nel Long Island degradato di allora, per sfuggire alla prospettiva di una moglie priva di una volontà propria. Il risultato finale fu un film incredibilmente divertente, ricco soprattutto di una veemente critica sociale e culturale all’America e ai suoi miti, ma anche alla stessa comunità afroamericana.

La storia di per sé pareva la parodia de il Principe e il Povero di Mark Twain. Akeem Joffer (Eddie Murphy), erede del trono del Regno di Zamunda, dovrebbe sposare una ragazza ammaestrata per compiacere ad ogni suo voler, come deciso dal padre, Re Jaffe (James Earl Jones) e dalla madre Aoleon (Madge Sinclair) allo scoccare dei suoi 21 anni. Cresciuto nel lusso più sfrenato, come sotto una cupola d’oro che gli ha sempre evitato povertà, traumi, sofferenze ma anche una vera conoscenza del mondo, Akeem convince il suo fedele amico e assistente Semmi (Arsenio Hall) a mollare tutto e tutti, scapparsene negli Stati Uniti perché lì, naturalmente, saranno liberi.

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La commedia prodotta e scritta da Jonah Hill per Netflix ha le miglior intenzioni ma solo Murphy sembra in grado di usare l’umorismo (ed è l’unico che salva davvero il film)

I due pensano che non dovranno più obbedire a nessun diktat ma soprattutto conoscere donne vere, indipendenti, emancipate, occidentalizzate. Naturalmente l’impatto con la degradata e poverissima realtà della comunità afroamericana toglierà molte illusioni e sciocche idealizzazioni ad entrambi, ma farà anche conoscere ad Akeem la bella Lisa (Shari Headley), figlia del magnate dei Fast Food Cleo (John Amos). La storia tra i due diventerà il motore di una serie di casini uno più incredibile dell’altro, ma sotto la superficie, il Principe Cerca Moglie rimane una della più indovinate analisi sugli anni ’80, in tutto la loro mancanza di giustizia ed equità.

Vi è un contrasto geniale tra il regno africano e la realtà del ghetto pieno di minoranze in cui Akeem si trova. Sono lo stridere tra sogno e realtà, tra narrazione deformata e incubo del quotidiano, ma più ancora uno specchio di un rimpianto e di un’illusione. L’Africa era (è) uno scacchiere su cui se la giocavano le grandi potenze mondiali, seminando il continente di Dittatori, Tiranni oppure aiutando le satrapie locali a mantenere lo status quo. Zumunda e la sua reggia appaiono una deformazione mostruosa del Wakanda di Black Panther, una parodia inquietante perché nella realtà, i vezzi e il medioevo che lì viene rappresentato, è tutt’altro che distante da ciò che perdura ancora oggi in diversi paesi. Ma vi era, in Re Jaffe come nel capitalista Cleo, la semantica di un mondo in cui la solidarietà nelle minoranze era assente, in cui il denaro, i soldi, sono l’unica cosa che conta, l’unica che dà valore ad un essere umano. Un punto di vista che ancora oggi permane, che riguarda i rapporti di coppia, così come il Principe Cerca Moglie mostrava: Akeem è “adatto” a Lisa solo nel momento in cui è di nuovo il Principe ricco, non conta che fosse un bravo lavoratore, un bravo ragazzo, che la amasse. Basta farsi un giro su Youtube o Tik Tok per vedere che in America, questa visione monetaria del rapporto sentimentale è sopravvissuta soprattutto nelle minoranze che ancora oggi sono svantaggiate.

Un film che mostrava il peggio degli anni ’80

Il Principe Cerca Moglie però rimane anche un monumento al trasformismo, quello più genuino, più indovinato e geniale, da parte di un Eddie Murphy e Arsenio Hall, che nella sceneggiatura di David Sheffield e Barry W. Blaustein (in realtà di Art Buchwald che poi verrà risarcito) trovarono maglie in cui infilare il loro incommensurabile talento. Forse nessun film di quegli anni ha avuto un legame così profondo e così intimo con la stand up comedy, che risplendeva negli scambi a mitraglia tra i due, nei mille personaggi così irreali ma in realtà così reali che vivevano in un film che parlava del degrado, della povertà, del sottoproletariato rinchiuso in un mondo fatto di stracci, rifiuti, catapecchie e crimine. La famosa scena del dialogo a quattro dal barbiere, da sempre un tempio del vociare generazionale, diventa una metafora dell’America che cambia, del passato che lascia il posto ai nuovi miti, alle nuove tendenze. Si parla di Tyson e Alì, di Louis e Marciano, ed è un momento di convivialità assoluta che poi manca invece nel Fast Food, nei negozi o in quella Chiesa dove Akeem dovrebbe trovare la “brava ragazza” che non ha incontrato nei peggio locali e discoteche. Vediamo una comunità che non ha fatto il salto di qualità, non ha saputo liberarsi del giogo politico, ma soprattutto economico e culturale.



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di Giulio Zoppello www.wired.it 2023-06-29 04:30:00 ,

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