Incalzato senza riguardo perché intervenisse nel pieno dell’ultimo scandalo che coinvolge la magistratura toccando diverse Procure e perfino il Csm, Sergio Mattarella risponde ora, scegliendo il giorno del ricordo di Falcone e Borsellino. E non è dunque un caso che evochi il loro impegno, pagato con la vita, come un esempio da recuperare. Perché quei due uomini-simbolo «avvertivano alta la responsabilità del ruolo e della dignità della funzione di giustizia». Il contrario – segnala senza fare sconti a nessuno il capo dello Stato – di quello che va in scena da troppo tempo nei rapporti tra toghe (e tra loro e il potere politico) e che sta alzando definitivamente il velo su «sentimenti di contrapposizione, contese, divisioni, polemiche all’interno della magistratura». Episodi che «minano il prestigio e l’autorevolezza dell’ordine giudiziario» che dovrebbero «risiedere nella coscienza dei cittadini».
Una deriva inquietante
Il risultato di questa deriva, che Mattarella condanna con assoluta nettezza, è inquietante. Infatti — avverte — «anche il solo dubbio che la giustizia possa non essere, sempre esercitata esclusivamente in base alla legge provoca turbamento». Il che, contestualizzando la sua riflessione nella Palermo delle stragi, si tradurrebbe in un gravissimo vulnus per la stessa tenuta democratica e sociale. Il presidente lo dice in modo inequivocabile. «Se la magistratura perdesse credibilità agli occhi della pubblica opinione, s’indebolirebbe anche la lotta al crimine e alla mafia». E aggiunge: «La credibilità della magistratura e la sua capacità di riscuotere fiducia sono imprescindibili per il funzionamento del sistema costituzionale e per il positivo svolgimento della vita della Repubblica».
Ecco il punto politico, alla luce della babele di proposte (compresa quella d’istituire una Commissione parlamentare) piovute a Montecitorio dopo il nuovo scandalo. Per cambiare le cose «gli strumenti a disposizione non mancano… Si prosegua, rapidamente e rigorosamente, a far luce su dubbi, ombre, sospetti, su responsabilità. Si affrontino sollecitamente e in maniera incisiva i progetti di riforma nelle sedi cui questo compito è affidato dalla Costituzione». Insomma: non è compito del Quirinale decidere se e come riformare la magistratura, ma se si intende sul serio agire in questa direzione. Le Camere hanno già da adesso il suo avallo a procedere.
23 maggio 2021 (modifica il 23 maggio 2021 | 12:32)
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