Perché questo articolo potrebbe interessarti? Con la vittoria della coalizione di centrodestra alle ultime elezioni c’è chi si chiede se e come potrebbe cambiare la politica estera dell’Italia. Durante la sua campagna elettorale Giorgia Meloni ha toccato i temi caldi dell’agenda internazionale, dall’appoggio a Kiev nella guerra in Ucraina alla questione Taiwan in chiave anticinese, rimarcando più volte una solida alleanza con la Nato. Perché, tralasciando la propaganda, la posizione del nuovo esercutivo italiano in materia di Esteri ricalcherà quella precedentemente abbracciata dal governo Draghi.
Appoggio incondizionato all’Ucraina nella guerra contro la Russia. Messa in discussione del rinnovo del protocollo d’intesa con la Cina sulla Nuova Via della Seta. Centralità della questione taiwanese, sempre nell’ottica di una probabile e netta posizione anticinese. Sono queste alcune delle tematiche toccate da Giorgia Meloni in campagna elettorale che consentono di delineare un primo profilo di quella che potrebbe essere la politica estera dell’Italia con il nuovo governo guidato dal centrodestra.
Una politica estera che, al netto di ogni propaganda pre voto, seguirà presumibilmente la rotta tracciata dal governo Draghi.
Il peso dell’Italia
Dalla caduta di Gheddafi in Libia (2010-2011) in poi il peso specifico dell’Italia in politica estera si è gradualmente assottigliato. Fino all’appattimento pressoché totale sulla doppia linea indicata da Unione europea e Nato. Detto altrimenti, e nonostante il passaggio da Palazzo Chigi di 11 governi nell’ultimo decennio – governi per altro formati da colori e coalizioni differenti – la posizione di Roma sui temi internazionali più caldi non è quasi mai mutata.
L’unica rilevante eccezione alla regola: l’esecutivo Conte I. Il cosiddetto governo gialloverde, infatti, aprì le porte dell’Italia alla Cina dando il via libera alla firma del Memorandum of Understanding relativo alla Nuova Via della Seta. Per il resto non si segnalano particolari prese di posizioni controcorrente. Ecco perché è lecito supporre che il nuovo governo che allestiranno Fradelli d’Italia, Lega e Forza Italia, almeno in politica estera, non si discosterà di una virgola dal modus operandi draghiano.
I governi e la politica estera
Meloni dà l’impressione di non voler trasformare Roma nell’anello debole dell’alleanza occidentale. Allo stesso tempo, il centrodestra a trazione FdI intende sfidare le ambizioni geopolitiche di Russia e Cina. Rispettivamente appoggiando le istanze di Volodymyr Zelensky e aprendo le porte a Taiwan. Se così fosse quali e quante differenze ci sarebbero rispetto al precedente governo Draghi? Nessuna. Ad eccezione dei rapporti con l’Ungheria, calmierati da un inevitabile pragmatismo, il governo italiano sarà incastonato in un solco atlantista.
E perseguirà il rafforzamento dei partner occidentali. A questo punto è lecito porsi una domanda sul reale ruolo della politica estera italiana. Esiste davvero una politica estera italiana oppure il suo compito è semplicemente quello di essere impiegata in campagna elettorale?
Prima del voto, ad esempio, Meloni aveva rilasciato un’intervista ad un’agenzia taiwanese definendo “fondamentale” la questione di Taiwan nel caso di una vittoria del centrodestra. La leader di Fdi aveva inoltre criticato Pechino per il “comportamento inaccettabile” tenuto verso l’isola.
Appurato che ci troviamo di fronte alla medesima visione sposata dal governo Draghi, anche se un governo italiano volesse effettuare ipotetici voli pindarici difficilmente Roma uscirebbe dalla rotta Ue/Nato. Per questo motivo, oggi e almeno nell’immediato futuro, il ruolo della politica estera italiana rischia di trasformarsi in un’ombra sbiadita di se stessa. Indipendentemente da quale governo sia in carica.
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Federico Giuliani , 2022-10-09 09:00:50 ,