Nel consiglio di fabbrica di Tesla a Grünheide, vicino a Berlino, entra per la prima volta il potente sindacato dei metalmeccanici IG Metall. Con 16 rappresentanti costituirà il gruppo più grande. Potrà rafforzare le sue richieste per l’applicazione del contratto di categoria affrontando le resistenze del management. Alle elezioni che si sono tenute nei giorni scorsi hanno concorso 9 liste con 234 candidati. Il sindacato si è sempre detto favorevole alla Gigafactory di Elon Musk in Germania, ma accusa Tesla di usare deliberatamente la forma giuridica di società per azioni europea per sfuggire alla contrattazione collettiva nazionale. La società europea (anche Societas europaea o SE) consente infatti di svolgere l’attività in diversi Paesi Ue applicando un’unica normativa, ma Tesla per ora ha una fabbrica solo in Germania.
Elon Musk tiene lontani i sindacati dalle sue fabbriche: negli Usa secondo quanto riportato da ARD i lavoratori che hanno cercato di istituire un organismo di rappresentanza nella sede di Buffalo sono stati prontamente licenziati. Anche nell’unico stabilimento europeo, lo scorso luglio, operai che avevano distribuito adesivi di IG Metall con lo slogan “la nostra salute è più importante del prossimo milione di Elon” secondo Business Insider erano stati avvisati del rischio di misure disciplinari fino al licenziamento in tronco.
Il capo dello stabilimento di Grünheide, André Thierig, vede il bicchiere mezzo pieno e sottolinea che circa il 60% dei voti sono andati a liste diverse dal sindacato e 23 seggi su 39 saranno occupati da candidati che non sono da ricondurre ad IG Metall. Il manager ha dichiarato di non trovare necessaria l’applicazione di un contratto collettivo: basta “raggiugere soluzioni favorevoli ai dipendenti”. Tra queste Tesla cita la ricarica senza costi delle vetture elettriche e shuttle gratuiti. Il manager, in occasione della recente visita di Musk alla fabbrica dopo un attentato incendiario a un pilone dell’alta tensione, rivendicato dalla sigla di estrema sinistra Vulkangruppe, che dal 5 marzo ha bloccato per quasi due settimane la produzione, ha anche annunciato che l’azienda aumenterà ancora i salari.
La stessa presidente del consiglio di fabbrica uscente, Michaela Schmitz, che si è ripresentata con una propria lista, si è pronunciata contro le influenze del sindacato e l’applicazione dei contratti di categoria, rivendicando di avere ottenuto fin qui miglioramenti di stipendio, prestazioni sociali e tutele sul lavoro concordate direttamente col management. Schmitz ha fatto riferimento a 17 accordi conclusi nel biennio di vita dello stabilimento anche senza contratto collettivo, tra cui aumenti salariali del 18% per i redditi più bassi, un premio contro l’inflazione di 3.000 euro (in realtà previsto dal governo) e supplementi per i dipendenti alla produzione.
Nella sua campagna la lista IG-Metall-Tesla Workers GFBB ha invece criticato le condizioni di lavoro che porterebbero a tassi di malattia fino al 30% e più incidenti, la paga e il trattamento dei dipendenti, sostenendo che l’attività del consiglio di fabbrica uscente sarebbe stata troppo compiacente alla proprietà. Per IG Metall i salari da Tesla sono mediamente inferiori a quelli degli altri costruttori. In un programma in dieci punti ha chiesto più assunzioni, l’assorbimento dei lavoratori temporanei, pause più lunghe alla catena di montaggio, maggiori misure antinfortunio e di cristallizzare tutto in un contratto collettivo. Ha conseguito il 39,4% dei voti.
Sulla tempistica del voto non sono mancate le polemiche. Il sindacato voleva maggior tempo per la campagna, dopo che la fabbrica all’inizio dell’anno era rimasta chiusa per due settimane per l’interruzione dei traffici dovuta agli attacchi degli Houthi. Con un ricorso al Tribunale del lavoro di Francoforte sull’Oder aveva ottenuto lo stop al voto a febbraio. Il consiglio di amministrazione di Tesla ha insistito al Tribunale regionale del lavoro di Berlino-Brandeburgo e si è proceduto già a marzo. Critiche avevano accompagnato anche le elezioni del primo consiglio di fabbrica svolte il 28 febbraio 2022, prima che lo stabilimento aprisse i battenti. Per IG Metall un trucco per ridurre l’affluenza tra gli allora circa 2.500 addetti alla produzione e laccatura.
La Gigafactory di Tesla dà lavoro ormai a circa 12.500 persone, ma fin dal suo nascere è stata accompagnata da polemiche per il forte impiego di risorse idriche. Recenti piani di espansione sono stati perciò rigettati da un referendum consultivo tra i cittadini e un’ottantina di attivisti occupano l’area che dovrebbe essere disboscata per fare posto ai nuovi capannoni.
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di Andrea M. Jarach
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2024-03-21 19:53:38 ,