Onoda – 10000 nights in the jungle, opera del regista Arthur Harari, esce nelle sale cinematografiche dopo un passaggio a Cannes nella categoria Un Certain Regard.
Dei successi insperati e del Green Pass
Hanno tutti tenuto le dita incrociate per la proiezione francese di Onoda – 10000 nights in the jungle: per primo il giovane regista Arthur Harari, poi tutti i suoi collaboratori e soprattutto i produttori internazionali (Rai Cinema inclusa). La rappresentazione del film, prevista per la seconda settimana di agosto, si è scontrata con la contro-rivoluzionaria protesta dell’obbligo del certificato vaccinale europeo, che ha fatto desistere migliaia di potenziali spettatori francesi dal recarsi nelle sale cinematografiche. Il drastico calo delle vendite di ingressi ha incommensurabilmente inficiato il mastodontico investimento sul film, nonché privato gli spettatori, malgrado loro, di un momento cinematografico di altissimo livello.
L’epopea di Onoda nella pellicola di Arthur Harari
Un film epico, importante, denso e profondo, che coinvolge numerosi ed eterogenei aspetti della storia della seconda guerra mondiale (e oltre), ma soprattutto dell’esistenza umana, tramite il ricordo della figura del soldato fantasma, realmente esistito, Hiroo Onoda (Kainan, 19 marzo 1922 – Tokyo, 16 gennaio 2014). Militare giapponese, arruolatosi giovanissimo e rapidamente cooptato in un corpo speciale dedicato alla Guerra Segreta, nel 1944 viene inviato come capo di una spedizione anti americana, nell’isola filippina di Lubang, con un unico, perentorio, imperativo: non arrendersi mai. Avviluppato dall’inospitale e selvaggia condizione isolana, braccato dai sintomi premonitori e dalle minacce del nemico, ma sorretto da una fede incrollabile che contagia i suoi compagni commilitoni, Onoda resiste con coriacea determinazione anche all’attacco sanguinoso del 28 febbraio 1945. Ritiratosi e nascostosi sulle montagne insieme a tre commilitoni, non sa, non si accorge e non vuole accorgersi che la guerra è finita. Da quel momento in poi comincia la sua guerra personale: una resistenza intima, inesplicabile, un’avventura affascinante, febbrile quanto inquietante che dura quasi trent’anni. Accompagnato dal suo credo granitico, convince i propri compagni a proseguire la missione, sperando di poter presto scovare e annientare il nemico americano, anche quando i megafoni del governo nipponico li invitano caldamente ad abbandonare l’isola e la loro pericolosa condizione di fuggiaschi.
Credendo in una cospirazione, Onoda si trasforma in un paranoico disertore, trovando nei sempre meno ospitali abitanti di Lubang nuovi nemici da combattere; sempre più ostili alle scorribande dei militari, gli autoctoni si dedicano, a loro volta, a una caccia all’uomo, che costringe alcuni di essi, a lasciare l’isola o a morirci. Tutti tranne Onoda, che da solo e inconsapevole prosegue la sua personale battaglia fino al 1974. Scovato, dopo lunghe e perigliose ricerche, da Norio Suzuki (identificato nel film con un curioso turista), Onoda capitola solo grazie all’intervento, commovente e pietoso, del maggiore Taniguchi, colui che gli aveva confidato, negli anni bui della seconda guerra mondiale, la missione segreta per conto del governo imperiale nipponico. Il difficile reinserimento, dopo una peculiare esistenza trentennale, condiziona l’irriducibile Onoda, che testimonia delle sue imprese nel romanzo autobiografico Non mi arrendo (1975). Il film, grazie a una potente e avventurosa narrazione, degna dei romanzi di Conrad e Stevenson, e ad una completa immersione visiva e sonora nella natura selvaggia dell’isola filippina, ripercorre piuttosto fedelmente, con integrale passione e in quasi tre ore di proiezione, le vicende di Onoda, e il suo lento e inesorabile percorso verso una difficile e inconfessabile presa di coscienza. Con uno spirito cinematografico d’antan, flebilmente disturbato da qualche necessaria divagazione e incursione nel tempo presente, tra flashback temporali, vere e proprie perle che incastonano il film come una gemma preziosa, Onoda- 10000 nights in the jungle si appresta ad essere molto più di un’opera meritevole di “Un Certain Regard”.
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Serena Pacchiani
2021-08-19 12:30:50 ,