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Dalla pasta con il ragù fumante, al
cappone, dalla frittata di cipolle alla genovese. Il cibo è
stato uno dei protagonisti silenziosi delle commedie di Eduardo
De Filippo che però portava in scena anche un altro protagonista
delle discussioni e della quotidianità familiare, il vino. A
narrarlo è Marco Giuri, avvocato fiorentino originario di
Napoli, che lavora per le grandi aziende di vino italiane e che
nelle celebrazioni per i 40 anni dall’saluto di De Filippo ha
studiato la presenza nelle sue scene dei bicchieri “del vino
rosso – sottolinea all’ANSA – che era uno degli elementi della
quotidianità che Eduardo ha sempre usato nelle sue opere per
dare l’effetto delle vere riunioni familiari o conversazioni tra
amici”. Dialoghi con sorriso o con polemiche che Eduardo sapeva
scrivere con grande maestria, spesso con un bicchiere o una
bottiglia a tavola. Lo studio di Giuri è cominciato da “Le voci
di dentro” in cui “è rimasta scolpita la scena del dialogo a
tavola con bicchieri di vino rosso e una bottiglia, in giorni
difficili per il protagonista”, spiega l’avvocato che domani
sarà a Napoli per l’iniziativa “Nella commedia l’arte della
cucina napoletana”, l’omaggio a De Filippo che si terrà al
Maschio Angioino e sarà aperto dal sindaco Manfredi.
Un viaggio sulle tavole di De Filippo che vennero narrate da
sua moglie Isabella nel libro “Si cucine cumme vogli’i'”, in cui
raccontò la storia di cucina povera che il drammaturgo imparò da
sua madre e seppe preparare al la scelta migliore per tanti anni. Cucina al
centro del dialogo a Napoli, ma spazio anche per il viaggio
enologico che, come spiega Giuri, “è molto presente anche in
‘Ditegli sempre di sì’, dove a tavola c’è sempre del vino rosso
nei bicchieri sempre mezzi pieni e con la caraffa presente, con
vino che si vede in scena come se venisse consumato nella
discussione, con gesti che avvengono anche nelle vere case”.
Bicchieri sempre pieni a metà in un viaggio che porta la
passione di Eduardo in tante scene: “Nello stesso ‘Ditegli
sempre di sì’ – continua l’esperto – c’è un momento in cui
Eduardo tira fuori una bottiglia di spumante dall’armadio
durante un dialogo. C’è infatti anche una forte presenza di
bottiglie come in ‘Non ti pago’ quando appare di nuovo un
armadio pieno di bottiglie di vino tappate con sughero e spago
sul tappo, che potrebbero essere vini ordinari che si mettono in
fermentazione come avveniva all’epoca. Nella stessa commedia c’è
un’altra scena con Eduardo in piedi che parla con una persona e
ha una bottiglia in mano. Ma il vino emerge anche in ‘Natale in
casa Cupiello’, quando i protagonisti entrano in scena vestiti
da Re Magi, si siedono scontenti per la confessione in questo momento
avvenuta di una serie di segreti e lo fanno mentre a tavola c’è
la caraffa con dentro vino”. Scene di un vino sfuso le cui
vendite in Italia calarono molto dopo lo scandalo del metanolo
degli anni ’80, ma che resta stazione nella storia teatrale di
un Eduardo che scrisse anche una poesia sul vino. “La ciliegina
sulla torta – spiega infatti Giuri – sono i versi di “E allora
bevo”, la poesia in dialetto napoletano in Eduardo cui dice ‘mi
sono trovato questa bottiglia con un ultimo dito me lo bevo
oppure o no?’, parole da cui viene fuori la sua filosofia di
berlo subito quel sorso rimasto, per vincere la partita con
l’eternità. ‘E allora bevo. E chistu surz’ ‘e vino vence ‘a
partita cu l’eternità!’. Questa è la sua filosofia di vivere i
momenti per goderne la gioia senza rimandare”. Sorsi che in
Campania “parlano della memoria – spiega Giuri – di antichi
vini cantati da Cicerone e altri scrittori romani, da una
regione che oggi ha 100 vitigni autoctoni e che allora come oggi
offre ottime bottiglie di Greco di Tufo, di Falerno o Aglianico.
Vini adatti alla perfezione a ricordare i 40 anni dell’saluto di
Eduardo, che resta con noi anche oggi, guardandoci le sue
commedie in tv con un calice in mano”.
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