I capodogli possiedono strutture sofisticate simili a quelle del linguaggio umano. Questa l’ultima scoperta dei ricercatori del Ceti, Cetacean Translation Initiative, di cui David Gruber, è direttore e ideatore. Il progetto Ceti è uno sforzo ambizioso per decifrare queste vocalizzazioni, un’impresa che coinvolge crittografi, linguisti, biologi marini ed esperti di intelligenza artificiale e robotica. Il progetto, un’organizzazione senza scopo di lucro con sede a New York e una stazione di ricerca sul campo in Dominica, è stato reso possibile grazie ai finanziamenti da parte del TED Audacious Project. Più di 15 partner istituzionali, tra cui le Università di Harvard e Oxford, sono coinvolti negli sforzi dell’organizzazione per ascoltare e tradurre le comunicazioni dei capodogli. La ricerca dell’associazione si svolge sulla Dominica, nei Caraibi orientali e ha l’obiettivo di decifrare forme di comunicazione animale e non umana. Una volta raccolti abbastanza dati, la speranza degli scienziati è quella di riuscire a comunicare per la prima volta con un’altra specie.
L’ambiziosa idea che gli esseri umani possano imparare a parlare con le balene è nata da un incontro casuale avvenuto sette anni fa al Radcliffe Institute for Advanced Study. Nel 2017, durante una borsa di studio dell’istituto, Gruber, professore presso la City University di New York, stava ascoltando i codas, gli schemi vocali ritmici con cui i capodogli comunicano, nel suo ufficio. Gruber era lì per studiare le meduse e lavorare con Rob Wood, un professore della School of Engineering and Applied Sciences che stava sviluppando robot morbidi, in grado di maneggiare le delicate gelatine senza subire danni. Ma quel giorno, in un ufficio dall’altra parte del corridoio, i clic dei capodogli sembravano alla crittografa del MIT, Shafi Goldwasser, anche lei borsista dell’Istituto, un po’ come il codice Morse. Incuriosita, si fermò e suggerì che le tecniche avanzate di apprendimento automatico avrebbero potuto consentire agli scienziati di decodificare i clic. Gruber rimase affascinato dall’idea e dalla possibilità di unire ricercatori di diverse discipline e persone di tutto il mondo attorno a un obiettivo che prevede l’impiego di tecnologie avanzate, che rischiano di essere sfruttate per il loro potenziale distruttivo e non per promuovere invece la compassione e l’empatia dell’uomo verso un’altra specie intelligente.
Grazie a Goldwasser, Gruber conobbe Michael Bronstein, ora professore di intelligenza artificiale DeepMind all’Università di Oxford. Nel 2019, Gruber, Bronstein e Goldwasser tornano a Cambridge per un seminario esplorativo di due giorni, finanziato da Radcliffe, che ha attirato biologi, robotici, linguisti ed esperti di apprendimento automatico da tutto il mondo, con il sogno di capire se fosse possibile studiare la comunicazione delle balene. Alla fine del secondo giorno si era formato un consenso: era possibile. La prima fase del progetto vede gli scienziati impegnati nel costruire un set di dati acustici e comportamentali su larga scala, unico nel suo genere, per addestrare la tecnologia di Ceti a osservare la comunicazione dei capodogli nel contesto e a tradurre il loro linguaggio. Ceti sta affrontando questa sfida con un approccio a tutto tondo, reso possibile da un ampio gruppo scientifico interdisciplinare, da un’attenzione iniziale ai capodogli e dalla progettazione e dall’implementazione di una tecnologia all’avanguardia. Inoltre, il progetto Ceti è da sempre impegnato nella tutela e salvaguardia della biodiversità, oltre che nel sociale.
Alla fine degli anni ’60, alcuni scienziati, tra cui il consulente principale del CETI, Roger Payne, hanno scoperto che le balene cantano tra loro. Le sue registrazioni, “Songs of the Humpback Whale”, diedero vita al movimento “Save the Whales”, una delle iniziative di conservazione di maggior successo della storia. La campagna ha portato alla legge sulla protezione dei mammiferi marini, che ha segnato la fine della caccia alle balene su larga scala e ha salvato diverse popolazioni di balene dall’estinzione. Ad oggi, una parte fondamentale della mission del Ceti è che le nuove ricerche e conoscenze sui capodogli portino maggiore attenzione all’industria marina dominicana e sostengano la leadership della Dominica in materia di conservazione nei Caraibi. Il Ceti è promotrice di un’iniziativa, nota come Ceti Dominica Marine Conservation Fellowship, un programma di formazione di 10 mesi, articolato in più moduli, per giovani dominicani interessati alle scienze marine.
Il programma, creato in collaborazione con il National Geographic, comprende sessioni di scienze marine, ricerca scientifica/tecniche, abilità in acqua e in barca, narrazione e leadership, tra gli altri argomenti. I borsisti Ceti partecipano direttamente alla ricerca, con l’opportunità di impegnarsi in una serie di programmi e opportunità di tutoraggio e ottenere un brevetto di immersione. I borsisti, inoltre, collaborano con scuole e organizzazioni locali. Una volta terminato il programma, i borsisti rimangono coinvolti come mentori, facilitatori di sessioni e leader della comunità. Il lavoro svolto dal progetto Ceti è possibile grazie ad un insieme di navi da ricerca, imbarcazioni e altre attrezzature. Al termine del progetto tutte le attrezzature saranno donate all’ente locale del Ceti per essere utilizzate dai ricercatori dominicani.
Lucrezia Parpaglioni
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di 30science per Il Fatto
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2024-07-20 06:29:09 ,