In Italia sono circa 13mila le donne con tumore del seno che ogni anno potrebbero usufruire dei test genomici. Sono degli esami di profilazione genica ormai fondamentali per la selezione delle cure nei casi di carcinoma precoce Hr+/Her2 negativo a rischio intermedio di recidiva o metastasi. È quanto sostengono gli esperti riuniti oggi a Roma per il convegno nazionale ‘Next perspectives. Dalla costellazione dei sistemi sanitari regionali ad un nuovo scenario di applicazione dei test genomici in Italia’. L’evento vede la partecipazione di oltre 100 specialisti ed è promosso, tra gli altri, anche da Foce (ConFederazione degli oncologi, cardiologi e ematologi).
“Il tumore della mammella femminile è la principale causa di incidenza globale del cancro e sono stimati oltre 2,3 milioni di nuovi casi ogni anno in tutto il Pianeta – afferma Francesco Cognetti, presidente di Foce e responsabile scientifico dell’evento – Quindi dobbiamo affrontare una sfida sempre più grande e difficile. Il processo di personalizzazione delle cure risulta costante e sta avvenendo anche grazie all’introduzione di nuovi strumenti diagnostici-terapeutici. Tutte le evidenze scientifiche hanno sottolineato come i test genomici siano in grado di identificare, con maggiore precisione, le donne che davvero possono usufruire della chemioterapia e quelle invece per le quali i benefici sono assenti. Si possono evitare e limitare cure aggressive e invalidanti e tutta una serie rilevante di effetti collaterali, costi diretti e indiretti”.
Per l’occasione è stato discusso un nuovo documento redatto dal farmacologo Carlo Tomino, già dirigente dell’Agenzia italiana del farmaco. “In base ai nuovi dati epidemiologici, e ad altri parametri provenienti dalla letteratura scientifica internazionale, abbiamo valutato il numero di donne per cui possiamo richiedere i test genomici – sottolinea Tomino – La stima, rispetto a quella del 2021, va aggiornata a circa 13.000 possibili candidate. Sono sempre necessari approfondimenti da parte della comunità scientifica ogni volta che si afferma un nuovo strumento o una tecnologia innovativa. Soprattutto quando questi ci consentono di utilizzare al meglio le risorse sanitarie e migliorare la qualità di vita delle nostre pazienti”.
“L’utilizzo dei test genomici è sempre più esteso, ma questo non avviene ancora regolarmente nel nostro Paese – aggiunge Alessandra Fabi, consigliere nazionale dell’Associazione italiana oncologia medica (Aiom) – Da circa due anni gli esami sono effettivamente disponibili e gratuiti in tutti e 21 i sistemi sanitari regionali italiani, tuttavia si riscontrano ancora difficoltà nell’accesso ai test in determinate zone della Penisola. Registriamo a volte una sottovalutazione, da parte di alcuni specialisti, dei vantaggi indotti dai test. E’ chiaro che dobbiamo promuoverli maggiormente con attività educazionali mirate ed aumentarne così l’utilizzo”.
“La maggioranza dei tumori maligni mammari viene diagnosticata in fase iniziale – rimarca Tomino – Il trattamento chirurgico può essere più spesso conservativo e la terapia adottata è solitamente molto efficace, consentendo tassi di sopravvivenza a 5 anni molto elevati. Tuttavia la sola chirurgia non basta ed è necessario anche una terapia sistemica adiuvante per ridurre il rischio di recidiva e di morte. In questo contesto i test genomici giocano un ruolo fondamentale nella selezione dei percorsi di cura”.
“Al momento il carcinoma della mammella è il tumore più frequentemente diagnosticato nelle donne in Italia – conclude Fabi – Molto probabilmente l’incidenza continuerà a crescere se consideriamo i principali fattori di rischio come età, stili di vita errati, fattori riproduttivi ed ormonali, familiarità o ereditarietà. È chiaro che, se vogliamo incrementare la sopravvivenza e le guarigioni, bisogna aumentare ulteriormente il numero di diagnosi precoci. Al tempo stesso, dobbiamo riuscire sempre più a personalizzare i trattamenti adattandoli al singolo caso”.
[email protected] (Web Info) 2024-01-24 14:01:00
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