“l livello medio del mare solo tra il 2013 e il 2021 è aumentato di circa 4,5 millimetri all’anno, e questo incremento è in accelerazione, anche nel Mediterraneo. La minaccia più grave? Incombe sulle città costiere e per questo è importante condividere i dati scientifici non solo a livello globale, ma anche locale. Stabilire finalmente l’incontro tra scienza e politica sul tema dell’innalzamento del mare e degli impatti che avrà sulle coste di tutta Europa”. Nadia Pinardi, docente di Oceanografia all’università di Bologna è la co-presidente della nuova piattaforma interattiva Knowledge Hub on the Sea Level e del Comitato strategico del CMCC (Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici). È tra le coordinatrici della prima Sea Level Rise Conference 2022 che ha visto arrivare a Venezia, città-simbolo della vulnerabilità ambientale, scienziati e rappresentanti delle parti sociali e politiche di quei territori costieri che in Europa stanno soffrendo per l’innalzamento del mare, causato soprattutto dal cambiamento climatico. E non è un caso che la conferenza sia stata coordinata dalle due associazioni intergovernative europee sia del clima che del mare: le Joint Programming Iniziative – JPI Climate e Oceans.
Uno studio coordinato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia spiega che entro il 2100 il livello del Mediterraneo potrebbe aumentare fino a 100 centimetri: a rischio più di 38 mila chilometri quadrati di coste. Quali sono gli scenari per i centri urbani se non si interviene?
“Quando i livelli del mare aumentano alla velocità mostrata negli ultimi anni, anche un piccolo aumento può avere effetti devastanti sugli habitat costieri verso l’entroterra: erosione distruttiva, allagamento di zone umide, contaminazione di falde acquifere e terreni agricoli da salsedine e perdita di habitat per pesci, uccelli e piante. Se non prendiamo decisioni entro dieci anni, aumenteranno i rischi di inondazioni costiere, erosione e salinizzazione. Per questo è necessario portare e condividere le nostre informazioni scientifiche a livello più locale possibile. Bisogna dare la possibilità a chi deve prendere le decisioni di valutare quale sia la soluzione più giusta per quella singola area urbana, con determinate caratteriste, per affrontare gli eventi estremi. Non solo per il presente, ma soprattutto per il futuro. Dieci anni è il limite massimo per progettare”.
Come gli amministratori possono intervenire?
“Bisogna lavorare sull’adattamento, per questo è importante il rapporto con gli scienziati che possono indicare la strada. Negli ultimi due anni ci siamo resi conto che in Europa ci sono paesi che hanno molte lacune di conoscenza, altri invece sono più consapevoli. Ad esempio molte città costiere stanno già pianificando misure per affrontare le prospettive a lungo termine di un più alto livello dei mari, spesso con costi notevoli. Tra le misure già in fase di realizzazione ci sono la costruzione di dighe, una diversa progettazione delle infrastrutture. Da questo punto di vista, la Conferenza di Venezia è stato il punto di arrivo di una serie di incontri già avvenuti negli ultimi due anni tra scienziati, gestori delle coste e decisori politici. Ci siamo però resi anche conto che in molti Paesi la pianificazione dell’uso del territorio non sembra prendere in considerazione la possibilità di marcati aumenti del livello del mare. E non è solo in pericolo la laguna di Venezia. Le coste sabbiose, ad esempio, di grande valore per gli ecosistemi, sono a rischio. Le inondazioni nelle zone di costa bassa stanno già costringendo le persone a migrare in aree più alte e altri milioni di persone sono considerati vulnerabili al rischio di alluvioni e altri effetti del cambiamento climatico. La prospettiva dell’innalzamento delle acque costiere minaccia servizi di base, di sopravvivenza”
A quali risultati ha portato la due-giorni di incontri a Venezia?
“La creazione di questa piattaforma interattiva, Knowledge Hub, che mette in connessione diretta scienziati che lavorano sull’innalzamento del livello del mare in Europa e portatori di interessi locali, è importante per portare le informazioni sui territori. La fase successiva consisterà nel raggruppare i risultati e i dati emersi dall’incontro e presentarli in un report di valutazione sui diversi livelli di rischio legati all’innalzamento del livello del mare sulle coste europee: un documento importante su cui si lavorerà e che includerà linee guida ed esempi di impatti osservati e previsti”.
Gli scienziati dunque “lavoreranno” sul territorio?
“In un certo senso sì. L’ambizione del Knowledge Hub è di promuovere lo scambio, la sintesi, l’integrazione e la creazione di conoscenze sull’innalzamento storico e futuro del livello del mare. Per questo abbiamo deciso di fornire valutazioni periodiche sui fattori che lo determinano, sugli impatti e sulle opzioni politiche per ciascuno dei principali bacini oceanici europei. L’innalzamento del livello del mare è un rischio per la società, dal livello locale a quello globale. Perché i dati scientifici sono importanti così come i modelli matematici, ma c’è bisogno di visioni di lungo termine. Dobbiamo invitare i nostri responsabili politici a lavorare su questi temi con l’aiuto degli scienziati, sulla base dei dati disponibili e affrontando le incertezze. Ma soprattutto, abbiamo bisogno di un approccio diverso. Sono le persone che conoscono i territori. Sono loro a fare la differenza”.
Source link
[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-10-20 15:14:34 ,
www.repubblica.it
[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-10-20 15:14:34 ,
Il post dal titolo: “Innalzamento dei mari: abbiamo solo 10 anni per progettare soluzioni” scitto da [email protected] (Redazione di Green and Blue) il 2022-10-20 15:14:34 , è apparso sul quotidiano online Repubblica.it > Green and blue