Dopo i licenziamenti dei mesi scorsi tornerà il sole nel tech, e lo farà grazie all’intelligenza artificiale. È il pensiero di Pietro Novelli, country manager di Oliver James, società di recruiting inglese con sede a Milano: “Dietro alla digitalizzazione dei processi c’è la necessità di portarsi dietro i professionisti giusti. Per questo la richiesta tornerà ad aumentare”.
Pro e contro dell’intelligenza artificiale
Eppure veniamo da una stagione che pare dire il contrario. “Ma i licenziamenti sono stati spesso legati a questioni prettamente finanziarie – riflette il manager, un passato in Anpal Servizi (azienda pubblica per la formazione e il lavoro) -. A mancare non è la domanda, anzi: la traiettoria sarà guidata dall’intelligenza artificiale. Potremmo trovarci a rivivere una fase simile a quella della data science a metà del decennio scorso, ai tempi della prima ondata di advanced analytics: le aziende assumevano per non restare indietro nella corsa e anche un po’ perché faceva status, ma poi si scopriva che non c’erano i database e il processo si arenava. Col tempo le cose si sono assestate, e accadrà anche questa volta”.
Sull’intelligenza artificiale, la visione di Novelli non è monocromatica. “Quello che è certo – riprende – è che stravolgerà completamente i processi di lavoro”. Capire come, è un altro paio di maniche. “Accanto alla richiesta di professionisti estremamente formati in settori come quello tecnologico, per converso aumenterà anche quella di figure legate a compiti non automatizzabili, come tutta l’area dei servizi alla persona”. Un fattore raramente considerato è quello demografico, con il calo delle nascite che si rifletterà nelle ricerche di lavoro: ma le società dovranno confrontarsi con il volto oscuro dei codici. “Il tema dei cinquantenni che non potranno essere riqualificati perché troppo distanti dalle nuove tecnologie è reale – nota il dirigente -. In questo senso, si tornerà a parlare di un reddito universale. Non chiamiamolo reddito di cittadinanza, per non dare alla questione una coloritura politica”.
Dopo la pandemia
Ma come cambia il recruiting? Con Api, customer relationship management (crm), strumenti sempre più avanzati di teleconferenza per i colloqui. “La tecnologia spesso è presente nelle società che si occupano di reclutamento, ma non viene sfruttata nel quotidiano, anche perché cambiare pratiche consolidate nel caso di grandi gruppi richiede tempo. Può sembrare paradossale, ma nel settore in tanti prendono ancora appunti col taccuino durante i colloqui, per poi inserire i dati dei candidati nel software gestionale solo in un secondo momento. Spesso, però, si inseriscono solo le informazioni base: questo fa sì che ci si affidi molto alla competenza e alla rete di relazioni del singolo recruiter. Con le conseguenze immaginabili quando questo cambia azienda“, dice Novelli.
Fattori culturali rendono le procedure di selezione molto differenti a seconda dei Paesi. Nel Regno Unito, per esempio, la legge vieta fotografie e indicazione dell’età nei curriculum, al fine di evitare discriminazioni. “Il recruiting nasce in Gran Bretagna, dove è un settore molto competitivo e fondato sui dati – riprende Novelli -. In Italia, di contro, conta parecchio la relazionalità”.
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di Antonio Piemontese www.wired.it 2023-06-06 04:30:00 ,