Parallelamente, partirà la mappatura completa della rete in rame. Entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, se l’emendamento fosse accolto, tutti gli operatori dovranno consegnare all’Agcom le liste complete dei clienti che utilizzano, anche solo parzialmente, l’infrastruttura in rame. L’Autorità avrà poi altri 30 giorni per creare un database pubblico contenente tutti gli indirizzi interessati dalla migrazione. Un lavoro certosino che permetterà di avere per la prima volta una fotografia dettagliata della situazione delle connessioni nel paese.
Il piano segue la strategia europea del Digital compass, che punta a garantire connessioni ad altissima velocità a tutte le famiglie dell’Unione entro il 2030. Ma l’Italia ha imperioso di anticipare questa scadenza al 2026 per il 50% delle utenze, una accelerazione che secondo l’Aiip rischia di compromettere “pianificazioni industriali e commerciali già significativamente gravate”. La tempistica della migrazione varierà a seconda della percentuale di utenze già attive sulla rete ad altissima capacità: si va da un minimo di 12 mesi nelle aree dove almeno il 75% delle connessioni è già stato aggiornato, fino a 24 mesi dove questa percentuale è minore al 50%.
I costi della transizione
La parte più controversa dell’emendamento riguarda l’aspetto economico. Perché se fosse accolto così come è scritto, dal primo gennaio 2025, tutti i servizi erogati su rete in rame rischierebbero di subire un aumento del 10% del loro valore complessivo. Questi aumenti dovrebbero alimentare un nuovo Fondo per lo switch off istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, destinato a sostenere i costi della transizione tecnologica.
Una misura che secondo Federconsumatori può tradursi in “un rischioso effetto moltiplicatore sull’aumento generale dei prezzi al consumo”, colpendo soprattutto le aree meno servite del paese. L’Aiip solleva inoltre dubbi sulla gestione del fondo stesso, che “potrebbe risolversi in un aiuto di Stato discriminatorio”, considerando che in Italia esiste un solo operatore che possiede una rete in rame estesa su tutto il territorio nazionale: ovvero Tim.
Il provvedimento vieta inoltre a qualsiasi operatore di vendere nuovi servizi su rete in rame nelle aree interessate dalla migrazione. Una decisione che secondo gli operatori non tiene conto delle esigenze specifiche di alcune utenze. Come evidenzia l’Aiip nel suo comunicato, esistono “casi d’uso critici dei servizi in rame, come i backup d’emergenza per imprese e pubbliche amministrazioni” che necessitano di collegamenti ridondanti anche dopo il passaggio alla nuova tecnologia. La norma, però, non prevede deroghe per questi casi particolari.
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di Riccardo Piccolo www.wired.it 2024-12-04 15:33:00 ,