L’intervista di Fanpage.it a Hans Kluge, direttore europeo dell’OMS, in occasione del 20esimo anniversario dell’Ufficio di Venezia: “Le minacce alla salute derivanti dal cambiamento climatico, dall’inquinamento e dalla perdita di biodiversità non sono rischi ipotetici per il futuro. Sono qui e ora. È impossibile prevedere l’origine della prossima grande emergenza sanitaria, ma possiamo certamente preparare i nostri sistemi sanitari ad affrontarla”.
“Le minacce alla salute derivanti dal cambiamento climatico, dall’inquinamento e dalla perdita di biodiversità non sono rischi ipotetici per il futuro. Sono qui e ora, il che rende la salute la ragione primaria per un’azione per il clima. L’emergere di malattie e nuove pandemie è una certezza assoluta – semplicemente non sappiamo quando o dove si verificheranno, ma dobbiamo prevenirle anche eliminando le disuguaglianze sanitarie”.
A parlare è Hans Kluge, direttore europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che a Fanpage.it ha fatto il punto della situazione sanitaria in Europa e nel mondo, con un occhio alla pandemia di Covid-19, alla cosiddetta Malattia X e ai rischi su possibili nuove epidemie che potremmo dover affrontare nei prossimi anni, in occasione del 20esimo anniversario dell’Ufficio OMS di Venezia.
Oggi, martedì 9 aprile, Kluge sarà presente nella città lagunare insieme a sindaci e decisori italiani e internazionali, nonché leader nei settori dell’economia, della salute, del benessere e dello sviluppo sostenibile per una discussione a favore di società resilienti e più sane che non lascino indietro nessuno.
Hans Kluge.
Qual è stato l’obiettivo più importante raggiunto dall’Ufficio di Venezia dell’OMS negli ultimi 20 anni? E qual è quello per i prossimi 20?
“Un obiettivo chiave dell’Ufficio europeo per gli investimenti per la salute e lo sviluppo dell’OMS (Ufficio di Venezia) è quello di evidenziare le disuguaglianze sanitarie nelle nostre società e offrire soluzioni per affrontarle. Questo perché, purtroppo, la buona salute non è universale e dipende in gran parte da dove sei nato e dalle opportunità che hai nella vita.
Le disuguaglianze sanitarie sono principalmente determinate da fattori sociali ed economici. In effetti, i determinanti non clinici della salute (come istruzione, reddito, alloggio, discriminazione e sicurezza sul lavoro) possono avere un impatto maggiore sulla salute di una persona rispetto alle scelte sanitarie o allo stile di vita. Per migliorare la salute dobbiamo cominciare con l’affrontare le ragioni della cattiva salute. Il 22% della gente UE (95,3 milioni di persone) è a rischio di povertà o esclusione sociale.
Ed è qui che l’Ufficio di Venezia ha svolto un ruolo fondamentale. Negli ultimi due decenni ha sviluppato strumenti politici e parametri critici per aiutare i paesi a investire nella salute; ha prodotto rapporti sullo stato dell’equità sanitaria in tutta la regione europea, dando indicazioni su come i sistemi sanitari possono ridurre tali disuguaglianze; è alla guida di una coalizione di partner sulla salute e sul turismo, per contribuire a salvaguardare la salute dei turisti e dei paesi ospitanti, lavoratori e ambiente; ha rafforzato 41 autorità regionali attraverso l’iniziativa Regioni per la Salute; ha supportato 11 paesi attraverso l’Iniziativa Piccoli Paesi per garantire innovazioni tecnologiche e sociali per consentire alle persone di vivere una vita sana; ha fornito formazione a più di duemila professionisti della medicina su come prevenire la violenza di genere.
Uno sviluppo sbilanciato fa sì che le risorse per la crescita siano spesso concentrate in uno o due centri di un paese (normalmente le capitali). Queste disuguaglianze regionali hanno implicazioni sulla salute e sul modo in cui le nazioni riescono a riprendersi.
Vorrei esprimere profonda gratitudine al Professor Mario Monti, ex primo ministro italiano, per aver presieduto la Commissione Pan-europea per la salute e lo Sviluppo sostenibile, che ha formulato una serie di raccomandazioni basate sulle lezioni apprese dalla pandemia di Covid-19. Tra questi c’era un appello per la creazione di una task force globale sulla Salute e sulla Finanza che è stato subito ripreso dal G20, di cui ovviamente l’Italia è membro.
Con il continuo sostegno dell’Italia, i prossimi 20 anni saranno cruciali per contribuire a diffondere le idee innovative e gli strumenti realizzati dall’Ufficio di Venezia, che sono stati fondamentali per ottenere equità nella salute e sarà decisivo per colmare i divari sanitari regionali.
I prossimi due decenni vedranno enormi cambiamenti nella società, guidati in gran parte dalle nuove tecnologie, inclusa l’Intelligenza Artificiale, che hanno il potenziale per polarizzare ulteriormente le società e ampliare le disuguaglianze sanitarie. Questo rende la necessità per l’equità sanitaria ancora più rilevante e urgente nei prossimi anni, e l’Ufficio di Venezia continuerà ad essere presente in prima linea, riunendo diverse parti interessate per garantire l’accesso alla salute a tutti”.
Secondo lei cosa ci ha insegnato la pandemia di Covid-19? I comportamenti dei cittadini sono in qualche modo cambiati?
“La pandemia di Covid-19 ha scatenato una devastazione totale su scala globale e ne stiamo ancora facendo i conti in termini di crisi di salute mentale, soprattutto tra i nostri giovani, così come la crisi persistente del personale sanitario e assistenziale, per non parlare della perdita di fiducia nelle istituzioni, compresa in alcuni casi quella sanitaria.
Le lezioni della pandemia sono molteplici e continuiamo a impararle ogni giorno. Il Covid-19 ha acceso i riflettori su anni di investimenti insufficienti nei nostri sistemi sanitari e nel personale sanitario. Ha anche messo a nudo le evidenti disuguaglianze nella società: ad esempio, le persone di colore o quelle che appartengono a famiglie a basso reddito hanno avuto maggiori probabilità di morire di Covid-19 rispetto ad altri gruppi. Purtroppo, la pandemia ha anche portato alla ribalta il pericoloso nazionalismo dei immunizzazioni da parte dei paesi che invece dovrebbero condividerli con il resto del mondo.
Sappiamo che almeno la metà della nostra salute è determinata dall’ambiente in cui nasciamo, viviamo, cresciamo, lavoriamo e invecchiamo. Sono queste circostanze sociali che guidano i nostri comportamenti.
I paesi che sono entrati nella pandemia in buona salute, con sistemi sanitari e assistenza sanitaria di base forti, se la sono cavata meglio. Ad esempio, nella regione europea dell’OMS si sono verificati 600mila decessi in eccesso durante la pandemia di Covid-19 nelle aree svantaggiate e a basso sviluppo umano. La privazione, la disuguaglianza e la povertà uccidono. Ridurle è decisivo per essere pronti a nuove pandemie”.
Nelle ultime settimane si parla di malattia X. Dobbiamo preoccuparci? Abbiamo gli strumenti per contrastarla?
“Innanzitutto, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Malattia X è un termine utilizzato per riferirsi ad una futura e ancora non conosciuta patologia e per ricordarci che dobbiamo essere preparati in caso di possibili minacce del genere. In tutto il mondo, il numero di potenziali agenti patogeni è molto ampio, mentre le risorse per la ricerca sulle malattie e lo sviluppo è limitato.
Per garantire che gli sforzi siano mirati e produttivi, viene data priorità a un elenco di malattie e agenti patogeni per la ricerca e lo sviluppo in contesti di emergenza sanitaria pubblica. La malattia X fa parte dell’elenco per indicare una malattia sconosciuta. L’OMS lavora continuamente con scienziati, ricercatori, politici, comunità e altri partner per prepararsi alle minacce future.
In secondo luogo, ciò che dobbiamo fare ora è concentrarci sulla riduzione delle disuguaglianze sanitarie e, grazie all’azione dell’Ufficio di Venezia, che lavora a come evitare le disuguaglianze sanitarie, sappiamo cosa fare per colmare il divario di equità sanitaria.
In terzo luogo, è anche importante che tutti gli Stati membri, compresa l’Italia, sostengano i negoziati in corso per un Accordo pandemico globale (Global Pandemic Agreement), per garantire che quando arriverà la prossima pandemia, saremo collettivamente preparati ad affrontarla come una comunità globale unificata.
Esorto tutti i paesi ad adottare un approccio collettivo nella preparazione alla pandemia perché, come sappiamo bene, le malattie infettive non conoscono confini. È nostro dovere, nei confronti delle generazioni future, imparare la lezione dall’emergenza Covid-19 e costruire un’architettura sanitaria globale che non lasci indietro nessuno. Abbiamo tutti una responsabilità condivisa – per non parlare delle conseguenze condivise – per la prossima pandemia, quando e ovunque arriverà”.
I casi di dengue e di batteri mangia-carne sono in aumento in tutto il mondo. L’Europa è pronta a combattere una possibile epidemia o nuove pandemie?
“Il cambiamento climatico sta portando a cambiamenti anche nel comportamento, nella distribuzione e nel movimento di zanzare, uccelli e altri animali che diffondono malattie infettive come la dengue e la malaria in nuove aree.
Dall’inizio del secolo, il numero dei casi segnalati di dengue è aumentato di otto volte, colpendo ormai oltre 130 Paesi, tra cui l’Italia, che nel 2024 ha registrato finora più di 100 casi. Le minacce alla salute derivanti dal cambiamento climatico, dall’inquinamento e dalla perdita di biodiversità non sono rischi ipotetici per il futuro. Sono proprio qui e proprio ora, il che rende la salute la ragione primaria per un’azione per il clima.
Mentre le malattie trasmesse da vettori come la malaria e la dengue non possono portare a pandemie (perché non possono diffondersi da uomo a uomo), altre malattie zoonotiche possono farlo, come nel caso dell’influenza aviaria o suina.
Ecco perché l’Assemblea Mondiale della Sanità di quest’anno sarà un momento decisivo per la salute globale, poiché i paesi si uniranno per adottare con uno storico accordo un piano globale contro le pandemie. La sicurezza sanitaria globale è nell’interesse di tutti, non possiamo vedere un’altra pandemia o altre emergenze causate da malattie infettive emergenti in cui l’accesso ai immunizzazioni è un privilegio per pochi.
Una volta raggiunto, questo accordo aiuterà a migliorare la trasparenza e i sistemi di allarme rapido in caso di epidemie potenzialmente pericolose; a garantire che gli operatori sanitari dispongano degli strumenti e della protezione di cui hanno bisogno; a facilitare uno sviluppo e una diffusione più rapidi ed equi di nuovi immunizzazioni e medicinali in tutto il mondo; a migliorare le capacità di laboratorio e di sorveglianza e a consentire una risposta più rapida, migliore e più cooperativa alla prossima crisi sanitaria.
Questo accordo è interamente ad appannaggio degli Stati membri e non garantisce all’OMS alcun potere di controllo, nonostante le notizie false e le teorie del complotto che circolano.
Lo shock economico senza precedenti causato dalla pandemia di Covid-19, che continua ancora oggi, dovrebbe rappresentare un campanello d’allarme. L’unico modo per evitare che ciò accada di nuovo è riunirsi come comunità regionale e globale e concordare un piano pandemico che metta la salute al di sopra della politica e del profitto”.
Da dove potrebbe arrivare allora la nuova pandemia?
“L’emergere di malattie e nuove pandemie è una certezza assoluta – semplicemente non sappiamo quando o dove si verificheranno. La modernità e la globalizzazione hanno accelerato i processi attraverso i quali i nuovi agenti patogeni possono spostarsi in tutto il mondo a una velocità vertiginosa, come abbiamo visto con il Covid-19, e lo vedremo ancora. Inoltre, la deforestazione e l’invasione da parte dell’uomo della fauna selvatica, insieme agli impatti crescenti del cambiamento climatico, fanno sì che l’emergere di nuovi agenti patogeni possa diventare ancora più probabile. Una delle raccomandazioni chiave della Commissione Monti è quella di collocare una maggiore enfasi sul principio “One Health”, che vede il nostro benessere come indissolubilmente legato alla salute del pianeta e dell’ambiente naturale.
È impossibile prevedere l’origine della prossima grande emergenza sanitaria, ma possiamo certamente preparare i nostri sistemi sanitari ad affrontarla, a ridurre le possibilità che emergano nuovi agenti patogeni intervenendo sulla crisi climatica, e rendendo la società più equa e più giusta. Queste sono le cose che possiamo fare oggi, per contribuire a garantire un futuro più sano domani.
A tal proposito, l’OMS/Europa lancerà alla fine di questo mese una rete pan-europea per il controllo delle malattie, composta dai paesi dell’UE e da quelli extra-UE della regione europea, compresa l’Asia centrale. Questa era una delle altre raccomandazioni chiave formulate dalla Commissione Monti sugli insegnamenti tratti dalla pandemia. I membri di questa nuova rete mireranno a rilevare, verificare e informare reciprocamente e rapidamente sulle nuove minacce per la salute, dalle malattie infettive emergenti alla resistenza antimicrobica”.
L’annuncio della malattia della principessa Kate Middleton ha acceso i riflettori sul boom delle diagnosi di cancro tra i giovani. Quali potrebbero essere le cause di questa tendenza e come contrastarla?
“9 decessi su 10 nella regione europea sono causati da sole quattro malattie non trasmissibili: cancro, malattie cardiovascolari e respiratorie, diabete e malattie croniche. Poco meno della metà di tutti i tumori sono prevenibili e la principale causa di quest’ultimi, compreso il cancro ai polmoni, il cancro della cavità orale e il cancro al seno in post-menopausa, sono legati allo stile di vita. Il cancro ai polmoni è principalmente legato all’uso di tabacco, ma gli altri due sono determinati dal tipo di alimenti che mangiamo, dalla mancanza di attività fisica e se siamo o meno in sovrappeso. La correlazione tra obesità e cancro è uno dei maggiori rischi tra i giovani adulti.
Anche in Italia le malattie cardiache e il cancro restano le principali cause di morte. Il tasso di fumatori adulti in Italia è leggermente superiore alla media UE, pari al 19,6%, complice una recrudescenza del fumo durante la pandemia. I valori del consumo di alcol e obesità sono inferiori alla media dell’UE, ma gli alti tassi di inattività fisica, soprattutto tra adolescenti, indicano il potenziale aumento dei tassi di obesità negli anni a venire.
L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro prevede che ci saranno più di 35 milioni di nuovi casi di cancro a livello globale entro il 2050, con un aumento del 77% rispetto ai livelli del 2022, e che i decessi saranno quasi raddoppiati dal 2012 a più di 18 milioni. L’uso del tabacco, il consumo di alcol e l’obesità sono fattori chiave alla base della crescente incidenza di cancro, così come l’invecchiamento e la crescita della gente”.
A proposito di invecchiamento della gente, come crede che risponderanno i sistemi europei a questa tendenza?
“Come il resto d’Europa, anche l’Italia si sta trasformando in un paese di anziani e ciò avrà implicazioni significative per le politiche e i servizi sanitari. La percentuale della gente di età pari o superiore a 65 anni è aumentata dal 18% nel 2000 al 23% nel 2021 – leggermente superiore alla media UE del 21%. Si prevede che questa quota aumenterà fino al 34% entro il 2050.
Quest’anno – il 2024 – segna il punto in cui il numero di persone anziane (di età superiore a 65 anni) supererà il numero di bambini e adolescenti (di età <15 anni) in Europa. Poiché gli esseri umani vivono sempre più a lungo – grazie in parte a una migliore assistenza sanitaria – si stima che entro il 2050 l’UE ospiterà circa 500mila persone di età pari o superiore a 100 anni. Immaginate: mezzo milione di centenari in Europa entro i prossimi 26 anni!
Sappiamo che almeno la metà della nostra salute è determinata da fattori sociali ed economici (come istruzione, alloggio, sicurezza del lavoro e reddito). Prevenire tutto ciò nella vita di una persona è quindi fondamentale se vogliamo raggiungere questo obiettivo evitando che aumenti la pressione sui nostri servizi sanitari.
Questi ultimi hanno l’opportunità e l’obbligo di reinventare l’assistenza sanitaria primaria (PHC) per gli anziani, integrandola con altre forme di assistenza centrata sulla persona, compresa l’assistenza comunitaria, l’assistenza secondaria e terziaria, e l’assistenza a lungo termine. Ciò migliorerà notevolmente la salute delle persone, rafforzerà l’inclusione sociale e accelererà il progresso verso obiettivi di sviluppo e salute, compresa la copertura sanitaria universale.
L’OMS è pienamente allineata alle priorità sanitarie dell’Italia che guida il G7. Ciò include la prevenzione per un invecchiamento sano e attivo, riformando l’OMS per renderla adatta allo scopo e sostenendo il principio “One Health” in tutte le politiche sanitarie.
Accolgo con grande favore l’impegno attuale e futuro dell’Italia nel continuare a costruire prove e strumenti per consentire ai paesi di investire nella salute e in società più sane, fondamentali per l’equità sanitaria e per comunità coese e sicure. L’Iniziativa europea per l’economia del benessere dell’OMS, guidata dall’Ufficio di Venezia, sta guidando gli sforzi dell’OMS/Europa nell’investire nell’equità e nel benessere”.
In Italia ci sono forze politiche che pensano di modificare i finanziamenti all’OMS, come la Lega. Qual è la sua risposta?
“Innanzitutto, critiche e discussioni costruttive sono sempre le benvenute. In quanto organizzazione basata sull’evidenza, siamo aperti a imparare dagli errori del passato o a esplorare soluzioni nuove e innovative, sempre guidati dalla scienza, e questo include essere aperti alla discussione su come finanziare adeguatamente l’Oms.
L’Italia è da molto tempo un partner fidato dell’OMS e rimarrà tale anche in futuro perché crede nell’importanza della sanità pubblica. Nel 2021 l’Italia è stata il settimo donatore a livello mondiale alla salute globale, donando 1 miliardo di dollari alle organizzazioni sanitarie multilaterali.
Ha contribuito all’OMS con 62 milioni di dollari nel 2022-2023, di cui circa il 60% in finanziamenti flessibili, il che significa che l’OMS può spendere quei soldi come meglio crede. I finanziamenti flessibili implicano anche un forte livello di fiducia tra l’Italia e l’OMS. Sfortunatamente, le politiche e le ideologie polarizzanti stanno crescendo più che mai, e stiamo assistendo a questo fenomeno anche nel settore della salute globale.
Sarebbe un grave danno sia per l’Italia stessa che per il mondo se riducesse o smettesse di sostenere l’OMS e l’Ufficio di Venezia. Deviare fondi dall’OMS al settore sanitario italiano non risolverà le crescenti pressioni sulla salute e sul settore dell’assistenza sociale. Come sottolineato nelle priorità e nei risultati finali del G7 italiano, è necessaria una forte strategia di prevenzione e di sviluppo di soluzioni innovative.
Anche l’Italia trarrà molto vantaggio dall’impegno nell’ecosistema sanitario globale dell’OMS, dalla condivisone delle conoscenze con altri governi e di nuove soluzioni sanitarie digitali, all’applicazione delle norme e delle migliori pratiche dell’OMS”.
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di Ida Artiaco
www.fanpage.it
2024-04-09 04:31:35 ,