Passa la linea della leader di Fratelli d’Italia sulla regola per Palazzo Chigi. La battuta del Cavaliere durante il vertice alla Camera. Trovato l’accordo anche sui 221 collegi uninominali: il 44% a FdI, il 32% alla Lega
Oltre quattro ore di summit, poi l’accordo
: «La coalizione proporrà al presidente della Repubblica quale premier l’esponente indicato da chi avrà preso più voti». Con il fair play di Silvio Berlusconi: «Se a Giorgia e a Matteo piace così, me lo faccio piacere anch’io». Anche se resta qualche dubbio su quella formula «chi avrà preso più voti», che lascia qualche speranza a FI di far contare i propri voti assieme magari a quelli della Lega ma che viene respinta da FdI: «Si intende “il partito” che avrà più voti». Lista unica invece per il centrodestra all’estero.
Ma fin qui era (relativamente) facile. Per i partiti del centrodestra il difficile è stato mettersi d’accordo sulla ripartizione dei collegi uninominali. I freddi numeri parlano di 98 collegi per FdI, 70 per la Lega, 42 per FI e 11 per i centristi (pare ne avessero chiesti 20). Questi ultimi, a giudicare dai toni che si sono alzati tra Antonio Tajani e Maurizio Lupi, non erano troppo soddisfatti, anzi. A concedere loro spazio saranno FdI e Lega.
Per arrivare alla ripartizione dei collegi tra le forze politiche hanno fatto testo i sondaggi, ma solo quelli prima della caduta del governo Draghi: in caso contrario sarebbero stati troppo penalizzanti per Lega e FI. Più volte, durante il summit, è stato avanzato il dubbio che alcuni sondaggi possano essere stati modificati ad arte per «entrare» nella partita.
La riunione ha avuto anche momenti di tensione vera e un paio di volte è stata interrotta, con i partiti a ritrovarsi tra loro per decidere il da farsi. Ma era stata aperta con una battuta di Berlusconi a Giorgia Meloni: «Abbiamo fatto cadere il governo Draghi, potevi farci i complimenti…».
«A ore» le diplomazie dei partiti dovranno scendere nel dettaglio, indicando le persone che occuperanno ciascun collegio. Un’altra partita tutt’altro che semplice. Inoltre, si riunirà il tavolo che metterà a fuoco il programma.
Più che una richiesta, quello di Meloni era stato un ultimatum: «Non si cambiano le regole in corso. Se non siamo d’accordo sulle regole, inutile governare assieme» aveva scandito per giorni la leader FdI. Sostenuta su questo, pubblicamente, da Matteo Salvini, che ieri sera lo ha ribadito: «Decidono gli italiani il 25 settembre, chi prende un voto in più indica alla coalizione, soprattutto al Paese, chi prenderà per mano l’Italia nei prossimi cinque anni».
Solo Berlusconi nella coalizione che si è riunita ieri negli uffici a Montecitorio della Lega — niente più incontri nelle ville berlusconiane — si era messo di traverso tra mezze parole e omissioni: «Il tema della leadership? Non mi appassiona», aveva detto al Corriere. E aveva avanzato un’altra idea: «Facciamo eleggere il candidato premier ad una assemblea ad hoc dei parlamentari eletti».
Ma non c’è stato nulla da fare. Il muro azzurro ha cominciato a crollare martedì sera, quando Berlusconi è arrivato a Roma e ha incontrato i suoi, e tutti insieme hanno concluso che non c’erano altre vie: la richiesta andava accolta. Ma con una precisazione, che tutti i presenti al vertice — oltre a Salvini e Meloni, i centristi Lupi, Cesa e Brugnaro — hanno accolto senza problemi, visto che anche nelle scorse elezioni la regola era la stessa: ogni partito si presenterà col proprio simbolo e con il nome nel rispettivo simbolo (Salvini, Meloni e Berlusconi) e ciascuno potrà fare campagna per il proprio candidato.
Non c’è insomma un candidato premier ufficiale del centrodestra, richiesta che Meloni non aveva mai fatto, ma certamente c’è una favorita: lei. Berlusconi l’ha presa con filosofia, e con una battuta: «Siamo tutti indispensabili per vincere. Quella regola l’ho inventata io», convinto che «con me in campo dal 10% FI può arrivare al 20!».
Il che peraltro, se nei numeri magari si pecca parecchio in ottimismo, nella sostanza un senso ce l’ha. Il Cavaliere — convinto che una coalizione troppo sbilanciata a destra e con Meloni sovraesposta «viene danneggiata nel suo complesso», ma che al vertice non avrebbe trattato la questione — con i suoi ha ragionato su questa traccia: se ognuno porta avanti le proprie candidature, alla fine si potrebbe arrivare a una situazione per cui magari Meloni arriva prima, Salvini secondo e FI (che punta su Tajani e i suoi ottimi rapporti in Europa col Ppe) terza, ma se le differenze tra un partito e l’altro fossero ridotte — di qualche punto, non di 10, tra Fdi e Lega come appare ora dai sondaggi — tutto tornerebbe in discussione. Insomma, la decisione finale è spostata a dopo le elezioni, sperano in FI.
Berlusconi, prima di lasciare insieme a Licia Ronzulli il vertice subito dopo Salvini (quest’ultimo è andato a festeggiare il compleanno della fidanzata Francesca Verdini), aveva avvertito: «I criteri di cui tenere conto sono tanti: i sondaggi certo, ma non solo. Quindi bisogna mettersi d’accordo su un sistema che accontenti tutti». A farlo sono rimasti fino a tarda sera Tajani, La Russa e Lollobrigida, Lupi, Cesa e Brugnaro e per la Lega Giorgetti e Calderoli. Sulla carta sono riusciti a raggiungere un’intesa, ora da verificare ai tavoli. Ma tale da far dire a tutti che «il centrodestra è unito». Il resto si vedrà.
27 luglio 2022 (modifica il 27 luglio 2022 | 23:57)
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Lorenzo Nicolao , 2022-07-27 16:13:17 ,