La cultura chiama, Milano e l’Italia rispondono. Ancora prima dell’avvio (alle 20,30) dell’evento principale, in tanti hanno deciso di partecipare alla maratona solidale Donna Vita Libertà a favore delle donne iraniane e del popolo iraniano, promossa dal Teatro Franco Parenti, che sta ospitando l’iniziativa, con Repubblica e Linkiesta in occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani.
Tanti gli intellettuali, gli artisti e i rappresentanti della comunità iraniana a Milano che hanno deciso di condividere le loro riflessioni, dai padroni di dimora, Andrée Ruth Shammah, Maurizio Molinari e Christian Rocca, a Massimo Recalcati, Antonio Scurati, Stefano Boeri, a Luca Guadagnino con la lettura di un appello del regista iraniano Asghar Farhadi. E poi Ornella Vanoni, Concita De Gregorio e Azar Nafisi, l’autrice di “Leggere Lolita a Teheran”.
Proprio la scrittrice iraniana sottolinea un aspetto fondamentale dell’ennesima rivoluzione in corso in Iran, quella che potrebbe cambiare veramente la Storia. “Le donne hanno scoperto il loro potere e lo usano contro il regime per le strade di Teheran. Hanno scoperto che quando scendono per le strade di Teheran e si tolgono l’hijab stanno facendo una dichiarazione. Stanno dicendo al regime: ‘Non mi possiedi. Non puoi definirmi. Io sono una donna a modo mio’. Ecco perché speriamo in questa rivolta”, dice Nafisi in un videomessaggio, che evoca anche un ricordo personale. Quando la scrittrice ha lasciato l’Iran per andare negli Stati Uniti, nel 1997, sua madre continuava a ripeterle: “Dillo all’Occidente. Racconta quanto in Iran ci stanno reprimendo. Parla dei diritti che abbiamo perso”, a proposito di discriminazioni e violenze che vengono da lontano. “L’Iran dovrebbe essere trattato come è stato trattato il Sudafrica dal resto del mondo perché quello che sta accadendo in Iran è un’apartheid di genere. La segregazione che le donne iraniane stanno combattendo è molto simile alla segregazione che le persone nere in Sudafrica hanno vissuto”, conclude la scrittrice.
Un apartheid di genere che deriva, come sottolinea Shammah, dalla paura che ancora fanno le donne. “Questa mobilitazione serve a non far sentire solo il popolo iraniano. Era ora che la cultura facesse sentire la sua voce. L’Occidente non si deve più girare dall’altra parte, che si tratti delle donne iraniane, delle spose bambine o degli estremismi che hanno portato, per esempio, all’attentato a Salman Rushdie” dichiara la regista, che non ha voluto sul palco politici, tranne la presenza istituzionale del sindaco di Milano Beppe Sala.
In questo contesto, di lotte per le libertà individuali, a Recalcati viene in mente una scena immaginata – vissuta? – da Elena Ferrante, quella della “lingua trafitta”: il fratello maggiore di un ragazzino che a scuola ha dovuto riconoscere la superiorità intellettuale di Lila nei suoi confronti cerca di trafiggerle la lingua con uno spillo, per ristabilire il “primato” degli uomini sulle donne. “La repressione delle donne promossa dal regime patriarcale-religioso degli ayatollah si è da sempre esercitata sul presupposto della minorità ontologica e morale della donna. Non a caso esso affida ad una vera e propria polizia morale di tipo medioevale la sorveglianza del corpo delle donne. Non è qui solo la sessualità a dover essere occultata dal velo della repressione, ma è la libertà stessa – della quale la sessualità è una espressione fondamentale – ad essere costantemente perseguitata” ha scritto Recalcati su Repubblica.
Ma cosa possiamo fare, oltre a mobilitarci? Scurati propone di continuare a combattere per i valori dell’Occidente: uguaglianza, libertà, democrazia. “La storia della democrazia è la lotta per la democrazia, la storia della libertà è la lotta per la libertà e non dobbiamo smettere di combattere” afferma lo scrittore. De Gregorio, come spiega nel suo videomessaggio, vorrebbe una sinistra meno tiepida verso la rivoluzione iraniana in corso. “La sinistra è un po’ restia a unirsi a questa lotta per ragioni importanti, perché i marxisti alla fine anni degli anni Settanta sostennero la rivoluzione di Khomeyni contro lo Scià e quindi parteciparono alla rivoluzione che poi ha portato Khomeyni al potere in chiave antiamericana. I giovani iraniani stanno postando video delle loro nonne che scendono in piazza perché, dicono, quello che sta accadendo oggi è colpa loro”, ricorda De Gregorio.
E Farhadi, con le parole affidate a Guadagnino, invita “tutti gli artisti, i registi, gli intellettuali, gli attivisti per i diritti civili di tutto il mondo e di tutti i Paesi, e chiunque creda nella dignità umana e nella libertà, a supportare le donne e gli uomini coraggiosi dell’Iran girando video, scrivendo testi o in qualsiasi altro modo. Per un domani migliore”.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2022-12-11 18:06:51 ,milano.repubblica.it