La causa palestinese si era manifestata in tutta la sua drammaticità al mondo intero. Arafat fu rafforzato e considerato un leader da prendere sul serio cercare compromessi, inclusa una soluzione a due Stati con Israele. 1993, iniziarono colloqui segreti tra Israele e l’Olp, portando agli Accordi di Oslo, che istituirono l’Autorità nazionale palestinese e l’autogoverno in alcune parti della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. Alcuni palestinesi di spicco li considerarono come una forma di resa, mentre gli israeliani di estrema destra si opposero alla cessione di insediamenti o territori.
Tra gli israeliani, l’opposizione politica a Oslo fu guidata dai futuri primi ministri Ariel Sharon e Benjamin Netanyahu, che presero parte a comizi in cui l’allora presidente israeliano Yitzhak Rabin veniva ritratto come un nazista. La vedova di Rabin incolpò i due uomini per l’assassinio di suo marito, perpetrato da un estremista nazionalista israeliano nel 1995.
Verso l’abisso
Le trattative di pace vacillarono e il fallimento dei colloqui di Camp David, un vertice Medio Oriente tra il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, il primo ministro israeliano Ehub Barak e Arafat nel 2000 contribuì alla seconda intifada caratterizzata, a differenza della prima, da diversi attentati suicidi da parte dei palestinesi. Quando nel 2005 il premier Sharon acconsentì di smantellare numerosi insediamenti ebraici in Palestina, Arafat era ormai deceduto (dopo due anni trascorso in un bunker) insieme a oltre 3mila palestinesi e circa mille israeliani. L’odio tra le due parti si era fatto insanabile, e la costruzione di un intricato sistema di muri nella West Bank non aiutò.
E Gaza? Nel 2006 il partito islamista radicale Hamas, dopo una lunga guerra civile con l’Olp vinse le elezioni, e per i palestinesi della Striscia la situazione si complicò. Israele decretò un embargo totale dell’enclave – con controllo continuo dello spazio aereo e delle acque territoriali – e l’economia palestinese sprofondò.
I governi occidentali esprimano ancora ufficialmente il loro sostegno a una soluzione a due Stati, non si è registrato alcun progresso nello spingere per un accordo. Netanyahu, il primo ministro israeliano più longevo, si è detto più volte contrario a uno Stato palestinese e vari membri del suo governo sostengono apertamente l’annessione di tutta o parte della Cisgiordania. Gruppi per i diritti umani israeliani e stranieri hanno parlato di una situazione, nei territori occupati, assimilabile all’apartheid nei territori occupati. Tutto il resto è cronaca.
Leggi tutto su www.wired.it
di Paolo Mossetti www.wired.it 2023-10-19 05:00:00 ,