• È il 20esimo giorno di guerra: sono oltre 7 mila i morti palestinesi , secondo le cifre fornite da Hamas; 1.400 quelli gli israeliani; 224 gli ostaggi nella striscia di Gaza.
• Rappresentanti di Hamas in visita a Mosca. Cremlino: «Abbiamo discusso degli ostaggi». Ma non vedono Putin. Israele: «È un oltraggio».
• Esercito Israele: «Nuove incursioni di terra locali a Gaza».
• Israele all’Onu: «Guerra contro Hamas, non contro palestinesi».
• Le parole e le sigle per capire il conflitto: il glossario.
• La storia del conflitto tra palestinesi e israeliani spiegata.
Ore 07:37 – Morti tre palestinesi negli scontri con Israele in Cisgiordania
Tre palestinesi sono stati uccisi – e altri 12 feriti – in scontri con l’esercito israeliano a Jenin nel nord della Cisgiordania. Lo ha fatto sapere, citato dall’agenzia Wafa, il direttore dell’ospedale cittadino Wissam Bakr che ha identificato i tre in Abdullah Bassam Abu Al-Haija, Muhammad Al-Amer (24 anni) e Jawad Al-Turki. L’esercito israeliano ancora non ha commentato i fatti.
Ore 07:33 – L’esercito israeliano entra a Gaza per la terza volta in 24 ore
L’esercito israeliano è entrato nel nord di Gaza questa notte per la terza volta in 24 ore e ha attaccato postazioni di Hamas, alcune delle quali a Gaza City. Lo rende noto lo stesso esercito secondo quanto riportano i media israeliani. Gli obiettivi sarebbero membri di Hamas, piattaforme di lancio di missili anticarro e quartier generali di Hamas. Nessun soldato è rimasto ferito.
Ore 07:25 – L’attacco degli F-15 americani in Siria: obiettivi legati all’Iran
L’esercito americano ha effettuato attacchi contro due strutture nella Siria orientale utilizzate dal Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane e dai gruppi da esso sostenuti. Lo ha detto il Pentagono, aggiungendo che il raid è in risposta a un’ondata di attacchi contro le forze statunitensi sia in Iraq che in Siria. Mentre le tensioni aumentano sul conflitto Israele-Hamas, le truppe statunitensi e della coalizione sono state attaccate almeno 19 volte in Iraq e in Siria da forze appoggiate dall’Iran nella scorsa settimana. Un totale di 21 militari americani hanno subito ferite lievi, nella stragrande maggioranza lesioni cerebrali traumatiche. Gli attacchi hanno preso di mira depositi di armi e munizioni utilizzando aerei F-15, ha detto un funzionario del Pentagono, e non sono stati coordinati con Israele. «Questi attacchi di autodifesa di precisione sono una risposta a una serie di attacchi in corso e per lo più infruttuosi contro il personale americano in Iraq e Siria da parte di gruppi di miliziani sostenuti dall’Iran, iniziati il 17 ottobre», ha precisato in una nota il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin.
Ore 06:37 – Il punto sulla guerra, ad ora
(Gianluca Mercuri) I preparativi per l’attacco di terra, la presunta morte sotto le bombe di 50 ostaggi annunciata da Hamas, le proteste arabe e il compromesso europeo sulle «pause umanitarie». Punto per punto:
• I primi raid terrestri di Israele
Le truppe e i carri armati dello Stato ebraico hanno compiuto una breve incursione nel nord di Gaza nella notte tra mercoledì e giovedì. L’obiettivo era distruggere le armi anticarro di Hamas per «preparare il campo di battaglia» prima dell’invasione. Si tratta del terzo raid israeliano dall’inizio della guerra, dopo oltre due settimane di attacchi aerei che hanno devastato i 365 chilometri quadrati della Striscia di Gaza.
• Quanti sono i morti?
Sono certamente migliaia: più di 7 mila secondo il ministero della Sanità di Hamas, con più di 2.900 minori e più di 1.500 donne. Com’è ovvio, i dati non sono verificabili rapidamente da soggetti indipendenti, ma nelle guerre degli ultimi anni le agenzie internazionali li hanno confermati col tempo. «I numeri potrebbero non essere perfettamente accurati minuto per minuto, ma riflettono in gran parte il livello di morti e feriti», ha spiegato all’agenzia Ap Michael Ryan del Programma per le emergenze sanitarie dell’Organizzazione mondiale della sanità.
Dopo che il presidente americano Biden ha detto di non fidarsi delle cifre fornite dalle autorità di Gaza, il ministero della Salute ha replicato pubblicando un documento di oltre 200 pagine che elenca i nomi di 6.747 morti, con età e sesso. Altri 281 morti non sono stati identificati — da qui il bilancio che oltrepassa i 7 mila — e i dispersi sono centinaia.
Quanto ai palestinesi che hanno dovuto lasciare le loro case, sono finora un milione e 400 mila su una cittadinanza di due milioni e 300 mila. La metà degli sfollati sono ammassati nei rifugi delle Nazioni Unite. Centinaia di migliaia di persone sono ancora a Nord, nonostante l’evacuazione intimata dagli israeliani.
Tutto è cominciato, ricordiamolo sempre, con il massacro terroristico compiuto da Hamas il 7 ottobre: 1.400 israeliani uccisi con calcolata atrocità, di cui 1.100 civili.
• «Cinquanta ostaggi morti»
A dirlo è sempre Hamas: se è vero, sono rimasti vittime delle bombe capaci di distruggere i bunker sotterranei dei jihadisti. E se è vero, il destino degli ostaggi — inizialmente 220 circa, di cui solo 4 (tutte donne) sono stati liberati finora — si intreccia in modo ancora più drammatico con i dubbi che circondano le trattative da una parte e i piani di invasione dall’altra.
• Su cosa si sta trattando? Il Qatar, sponsor politico-economico di Hamas come l’Iran è quello militare, è il soggetto-chiave del negoziato, e mercoledì si era spinto ad annunciare una «svolta» imminente. L’idea di fondo è sempre quella di liberare donne, bambini e anziani, perché Hamas intende tenersi fino all’ultimo uomini giovani e soldati. Israele potrebbe giocare la carta di un centinaio di donne e minori palestinesi detenuti nelle sue carceri.
Molto più problematica è l’idea di privilegiare gli ostaggi non israeliani o con doppia cittadinanza. Dal governo, scrive Davide Frattini, fanno trapelare che «non accetteremo la selezione tra ebrei come nei campi». Intanto si inserisce anche l’Iran: «Hamas è pronta a consegnare i civili a noi». È il gioco psicologico con cui, fin dall’inizio, i jihadisti e i loro alleati contano di dividere gli occidentali e gli stessi israeliani.
• E l’invasione a che punto è?
Secondo il Wall Street Journal, gli americani hanno ottenuto da Israele un rinvio almeno fino a questo fine settimana per poter dispiegare sistemi difensivi a protezione delle loro truppe nella regione. Mercoledì, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che l’ingresso nella Striscia è certo, ma anche lui finora ha preferito temporeggiare e le divisioni tra membri del governo e militari non sembrano appianate.
• Ma quali sono gli obiettivi americani?
Biden e il segretario di Stato Blinken stanno cercando di convincere Israele a una distruzione graduale di Hamas, per limitare i morti civili. E puntano a evitare ogni tipo di escalation e a delineare piani per il futuro che riaprano la prospettiva di una Stato palestinese (qui i 5 obiettivi americani e i 4 tipi di escalation).
• I due capi di Hamas uccisi
Sono, secondo gli israeliani, Shadi Barud, vicecapo dell’intelligence di Hamas e braccio destro del leader politico Yahya Sinwar, e Hassan Al-Abdullah, responsabile delle squadre che tirano razzi verso Israele. Si tratta, spiega Lorenzo Cremonesi, di «una caccia all’uomo spietata volta a privare l’organizzazione jihadista delle figure chiave destinate a guidare e incoraggiare la resistenza della guerriglia contro l’attesa operazione di terra».
• Le proteste arabe
Ryad Mansour, ambasciatore palestinese all’Onu (dove la Palestina ha lo status di «Stato osservatore non membro»), ha pianto parlando dei tremila bambini uccisi: «È questa la guerra che voi state difendendo? Questa è barbarie». Nove Paesi arabi — tra cui i principali alleati degli Stati Uniti e quelli che hanno firmato accordi di pace o di normalizzazione con Israele — hanno preso una posizione comune chiedendo un cessate il fuoco immediato: «Il diritto all’autodifesa sancito dalla Carta delle Nazioni Unite non giustifica palesi violazioni del diritto umanitario e internazionale», si legge nella dichiarazione, firmata da Egitto, Giordania, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Oman, Qatar, Kuwait e Marocco. Intanto una delegazione di Hamas è stata ricevuta a Mosca. E gli Usa premono sul Qatar perché tagli i rapporti con il jihadismo palestinese.
• E l’Europa?
L’Europa si divide, come è inevitabile su un tema del genere e per un soggetto che serve proprio a far discutere 27 Paesi su cosa fare su tutto, dalle quote latte alle guerre. L’Europa non è divisa sui fondamenti — Israele da difendere, Hamas da combattere, escalation da evitare, Stato palestinese da fare nascere prima o poi — ma su cosa fare adesso. Così, al Consiglio europeo di ieri solo Spagna e Belgio premevano per la richiesta di un cessate il fuoco, ma la stragrande maggioranza, scrive Francesca Basso, ha preferito la formula delle «pause umanitarie» per fare passare gli aiuti, proprio per ribadire che in questo momento è impensabile fermare la reazione israeliana.
• E l’Italia?
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ribadito la posizione italiana ed europea, nel solco di quella americana: «Credo che uno degli strumenti più efficaci per sconfiggere Hamas sia dare una concretezza e una tempistica alla soluzione della questione palestinese, dare maggiore peso all’Autorità nazionale palestinese. Questo è un ruolo che l’Ue può giocare e sicuramente una delle grandi chiavi di volta nel medio periodo».
• Perché è importante
Perché la premier, pur ribadendo l’appoggio fermo a Israele, conferma di aver rinunciato in questa fase ai toni anti arabi e anti musulmani degli anni in cui era all’opposizione. Irritare Paesi suscettibili, a cominciare dalla Tunisia — su cui il governo Meloni poggia molta della sua strategia sulla questione migranti — sarebbe un autogol. La nozione che l’interesse nazionale non può prescindere da buoni rapporti con l’altra sponda del Mediterraneo sembra dunque acquisita dalla leadership fratellista mentre resta indigesta a Salvini. Che si fa sentire anche sulla manovra economica.
(Questa analisi è stata pubblicata su PrimaOra, la newsletter che il Corriere riserva ai suoi abbonati: per riceverla gratuitamente per 30 giorni basta cliccare qui)
Ore 06:15 – Sono 6 le persone rimaste ferite dal razzo caduto nella notte su Taba
Sono 6 le persone rimaste ferite dal razzo caduto nella notte su Taba, una cittadina egiziana al confine con Israele. Testimoni hanno riferito che il razzo è caduto sulla dependance di un ospedale in questa città sul Mar Rosso, situata all’estremità nord-orientale del Sinai. Le immagini trasmesse sui media locali o via social network mostrano un edificio e diversi veicoli danneggiati nella zona circostante. L’Egitto, storico mediatore tra palestinesi e israeliani e che detiene l’unica apertura al mondo nella Striscia di Gaza che non sia in mano a Israele, dal 7 ottobre si trova in prima linea.
Ore 06:07 – Raid in Siria, rappresaglia per attacchi contro basi americane nella regione
Aerei da combattimento statunitensi hanno lanciato attacchi aerei su due località nella Siria orientale collegate al Corpo delle Guardie rivoluzionarie iraniane. Lo ha affermato il Pentagono, spiegando che gli attacchi sono una rappresaglia per una serie di attacchi di droni e missili contro basi e personale statunitensi nella regione, iniziati all’inizio della scorsa settimana. I raid statunitensi riflettono la determinazione dell’amministrazione Biden a mantenere un delicato equilibrio. Gli Stati Uniti vogliono colpire il più duramente possibile i gruppi sostenuti dall’Iran sospettati di prendere di mira gli Stati Uniti, per scoraggiare future aggressioni, alimentate dalla guerra di Israele contro Hamas, lavorando anche per evitare di infiammare la regione e provocare un conflitto più ampio. Secondo un alto funzionario militare statunitense, gli attacchi sono stati effettuati vicino a Boukamal da due aerei F-16 e hanno colpito aree di stoccaggio di armi e munizioni collegate all’IRGC. Il funzionario ha detto che nella base c’erano miliziani allineati con l’Iran e personale dell’IRGC e nessun civile, ma gli Stati Uniti non hanno ancora alcuna informazione sulle vittime o una valutazione dei danni. Un alto funzionario della difesa ha affermato che i siti sono stati scelti perché l’IRGC immagazzina lì i tipi di munizioni che sono stati utilizzati negli attacchi contro le basi e le truppe statunitensi.
Ore 05:43 – Biden all’Iran: «Niente attacchi contro le truppe statunitensi»
Il presidente Usa Joe Biden ha inviato un messaggio al leader supremo dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, mettendolo in guardia contro gli attacchi contro le truppe statunitensi nel conflitto Israele-Hamas. A darne notizia è stata la Casa Bianca. «È stato trasmesso un messaggio diretto», ha confermato ai giornalisti il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, John Kirby, rifiutandosi di dettagliare come sia stato trasmesso.
Ore 04:56 – Jet militari hanno attaccato in Siria
Jet militari americani, su ordine di Joe Biden, hanno attaccato in Siria gruppi di militanti sostenuti dall’Iran che avevano colpito truppe Usa nel Paese e in Iraq all’indomani degli attentati del 7 ottobre in Israele. Lo annuncia il Pentagono in una nota.
Ore 04:54 – Israele potrebbe offrire una contropartita in cambio degli ostaggi
Israele ha fatto sapere ai mediatori del Qatar che potrebbe offrire una qualche contropartita in cambio del rilascio da parte di Hamas di «un numero significativo di ostaggi». A riferirlo è l’emittente pubblica israeliana Kan. Secondo le informazioni della tv, citate da altri media del Paese, una fonte politica non identificata non ha specificato quale potrebbe essere questa contropartita, anche se sembra escluso che possa trattarsi di carburante: la comunità internazionale continua a chiederlo, essendo indispensabile ad attivare i sistemi energetico e idrico della Striscia, che sono completamente al collasso e hanno portato alla paralisi del già precario ospedale e dello stesso lavoro di assistenza dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA). Ufficialmente, Israele ha sostenuto di non essere disposto ad alcuno scambio per ottenere la liberazione degli oltre 200 ostaggi detenuti da Hamas, autore del più grande attentato terroristico della storia dello Stato ebraico e in cui sono morte oltre 1.400 persone. Nonostante questa energica posizione ufficiale, i media israeliani sostengono che non è chiaro se le autorità abbiano concesso o meno qualche tipo di risarcimento per il rilascio di quattro ostaggi da parte di Hamas, una madre e sua figlia, entrambe con doppia nazionalità americana, e due anziane donne israeliane.
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www.corriere.it
2023-10-27 05:37:30 ,