MILANO – Se tutte le squadre italiane, con l’eccezione della Roma, sono uscite così precocemente dalle coppe, è anche perché il loro ritmo è irrimediabilmente basso, rispetto alle più forti rivali d’Europa. La chiara sensazione visiva è avvalorata scientificamente da un algoritmo, attualmente allo studio degli esperti della serie A. Il cosiddetto top world club – il Bayern campione d’Europa e del mondo – e un top Europe come il Manchester City superano entrambi quota 95 di IET e IEF, mentre le squadre italiane impegnate nelle coppe faticano a raggiungere la fatidica quota 92 dei “parametri evoluti”, che sono appunto l’Indice di Efficienza Tecnica e l’Indice di Efficienza Fisica. Quel 92, per gli studiosi dei parametri tecnici, tattici e atletici applicati al calcio, è appunto il numero fatidico: rappresenta la soglia dell’eccellenza.
Un campionato poco intenso
Secondo gli analisti, anche la classifica del campionato non mente. Era previsto che l’Inter fosse in fuga e che il Milan provasse a contenderle lo scudetto: hanno i migliori IET e IEF del campionato, per quanto la loro intensità di gioco le collochi nella fascia media europea. In base a queste rilevazioni, soltanto se l’Inter abbasserà di colpo i suoi parametri evoluti, alla Juventus potrebbe riuscire la complicatissima rimonta, sempre ammesso che riesca a migliorare in tempi ultrarapidi i suoi S-IET e S-IEF. Non è un rebus in sigle indecifrabili, ma il responso dei cosiddetti “parametri evoluti”, l’ultima frontiera dell’analisi sul rendimento delle squadre di calcio: dietro gli acronimi – IET sta per Indice di Efficienza Tecnica, IEF per Indice di Efficienza Fisica, S-IET e S-IEF per Stabilità di Efficienza Fisica e Tecnica – si cela l’algoritmo attraverso il quale gli studiosi di uno sport sempre più vivisezionato stabiliscono la correlazione tra i risultati di un torneo lungo e le premesse (tecniche, atletiche e tattiche) che hanno contribuito a generarli. Di questi riferimenti inediti si avvalgono gli analisti della Lega di Serie A dalla scorsa stagione, quando ne hanno potuto misurare l’alto grado di attendibilità, in particolare della IET: a metà luglio, tre settimane prima della fine del campionato, l’Atalanta dominava con l’indice di 92,9 davanti alla Juventus (92,4) e anche per l’algoritmo, dunque, il suo mancato scudetto a sorpresa è stato figlio della lenta partenza nel girone d’andata. Sull’abbrivio ha comunque sfiorato l’impresa col Psg nella Final Eight di Champions.
La fuga dell’Inter
Il solito IET – che aveva già annunciato le tre retrocedende, Brescia, Spal e Lecce – registrò pure la consequenzialità tra la crescita dell’efficienza tecnica del Milan e la sua formidabile risalita dopo il lockdown: a maggio 2020, prima della ripartenza, era inchiodato a un mediocre parametro 88,7, in linea con Fiorentina, Parma e Bologna. A luglio, invece, era già salito a 91,4. Così adesso il più indicativo tra i “parametri evoluti” sta diventando una specie di bussola: miscela infatti i più rilevanti dati tecnici sul rendimento delle squadre e dei singoli calciatori, a cominciare dalla velocità media del pallone, fondamentale per valutare la reale intensità del gioco. Esempio: tra due calciatori con la stessa percentuale di passaggi riusciti, avrà l’IET più alto quello che scarica il pallone tra le linee degli avversari e a maggiore velocità. Questi dati preziosi non vengono divulgati al pubblico: non valgono solo da fotografia analitica del rendimento, ma assumono in parte valore predittivo. Era esplicita l’ultima rilevazione della Lega di A, a fine gennaio: Milan (91,9) e Inter (91,8) staccavano Juventus e Atalanta (91,5). L’equilibrio milanese al vertice viene confermato dall’Indice di Efficienza Fisica: 92,7 a 92,6 per l’Inter (in testa l’Atalanta con 92,8). La cavalcata in parallelo durava da novembre, data della precedente rilevazione. Poi l’Inter a febbraio è riuscita a staccarsi un po’ dal Milan, probabilmente per la superiore intensità registrata da altri parametri: quello chiave è la distanza media ad alta intensità (velocità superiore ai 15 km/h) in fase di possesso palla (2,78 km percorsi a partita contro 2,6). Significa che i giocatori di Conte, quando hanno il pallone, fanno più movimento – e più veloce – di quelli di Pioli. Che in compenso scattano di più: 30 metri di media in più di sprint (velocità oltre i 25 km/h) a partita per ciascuno. E’ verosimile che su queste differenze incidano sia la tattica – Inter squadra più corta e perciò con meno necessità di scattare, Milan più lungo per la scelta di un pressing altissimo – sia le caratteristiche di alcuni giocatori: Ibrahimovic, ad esempio, copre un raggio d’azione più limitato. Non è un caso che Pioli abbia di recente intimato in pubblico alla squadra il movimento costante: “Dobbiamo giocare con ritmo, muovendoci in modo continuo quando abbiamo la palla noi”. L’immancabile IET conferma che la mischia in zona Champions è caotica: il Napoli ha un parametro di 91,4, quinto a pari merito con la Roma e appena alle spalle di Juventus e Atalanta (91,5). Tutte sotto la fatidica soglia 92.