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L’attrice apre la 24/a edizione del VeliaTeatro Festival
(ANSA) – ROMA, 05 AGO – “Ciechi e sordi che fummo, i nostri
danni ci procurammo! Così commenta desolato Enea, rievocando per
Didone l’infausta entrata del fatale Cavallo in Troia. Fu cecità
politica? Impreparazione della sopravvissuta classe dirigente
alla scomparsa di Ettore, il grande stratega? Fu imprudente,
eccessivo rispetto delle sacre tradizioni?”. Sono gli
interrogativi posti da Ivana Monti che presta volto e intensità
a “Ecuba Regina. Autorità e responsabilità”, il monologo in
versi con cui apre il 7 e 8 agosto la 24/a edizione di
VeliaTeatro Festival, 14 spettacoli di teatro classico e
filosofico, sempre preceduti da una ‘lectio brevis’.
L’inaugurazione si terrà eccezionalmente nel Teatro Antico
dell’Acropoli di Elea/Velia, da poco restaurato e riaperto per
un pubblico contingentato (45 spettatori a serata, a tutela del
monumento e nel rispetto delle norme di sicurezza).
Seconda moglie di Priamo, regina di Troia, la figura di Ecuba
è stata esaltata nelle tragedie di Euripide, che racconta come
sia destinata come schiava ad Ulisse e assista alla morte del
nipote Astianatte, dopo aver visto i suoi figli perire uno ad
uno ed aver assaporato il tragico gusto della vendetta. “Ecuba,
la non citata da Enea ma da me immaginata presente sulla scena e
‘stranamente’ silenziosa rispetto al forte carattere
attribuitole dalla tradizione tragica, Ecuba – sottolinea
l’attrice – ci fa sospettare che nel suo silenzio si annidi
anche un vizio politico, un calcolo demagogico. Non contrastare
gli impulsi emotivi di una folla in delirio non è forse anche
una latente ricerca di consenso? Lo capirà Ecuba Regina e
assumerà su di sé tutta la responsabilità politica di quella
mitica, tragica sconfitta. Attraverso il richiamato pensiero
sulla strage, attraverso il pianto su Astianatte e lo strazio
inedito sul corpo sfregiato di Polissena, Ecuba Regina,
lentamente, dolorosamente, prenderà coscienza della sua colpa
fino a impazzirne e a riservarci, nel finale, un vero colpo di
scena”.
Il suo è un grido contro tutte le guerre, i soprusi, le
aggressioni, le prepotenze colonialiste. Un grido che richiama
tutti i potenti che governano alla responsabilità delle vite
loro affidate, non dagli dei ma dal libero voto dei popoli.
(ANSA).
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