Le attendevamo, queste prime luci del James Webb, da oltre 20 anni. In effetti si iniziò a parlare di questo telescopio già poco dopo il lancio di Hubble, negli anni ’90, e il primissimo progetto prevedeva un lancio addirittura nel lontano 2007. Per molti motivi diversi, alcuni di natura scientifico-ingegneristica e altri di natura meramente economica, il lancio del telescopio spaziale è stato posticipato fino allo scorso Natale 2021. Nei mesi successivi il team della missione è stato impegnato a curare l’allineamento dei 18 segmenti esagonali che compongono lo specchio principale del telescopio e a preparare i suoi 4 strumenti scientifici: Nircam, Nirspec, Miri e Niriss, che possono operare in 17 modalità diverse. Questi strumenti lavorano all’infrarosso, coprendo un intervallo di lunghezze d’onda tra i 0,6 e i 27 micrometri (il visibile, quello a cui sono sensibili i nostri occhi, è tra 0,4 e 0,7 micrometri). Questo dettaglio, le frequenze studiate dallo strumento, rendono i contenuti scientifici e le immagini che lo strumento produrrà molto diverse da quelle cui siamo abituati con Hubble. Hubble infatti lavora perlopiù alla luce visibile, che però ha lo svantaggio di essere cieca a molti processi che avvengono nell’universo, come quelli nascosti dalla polvere interstellare. Ad ogni modo, con le prime quattro immagini rilasciate dal team della missione, il confronto nel livello di dettaglio ottenuto dai due strumenti è impietoso: il James Webb ha mantenuto e forse superato ogni aspettativa.
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di Luca Nardi www.wired.it 2022-07-14 05:10:00 ,