di Emilio Cozzi
Dopo tre slittamenti negli ultimi dieci giorni e più di vent’anni di preparazione, in questo momento James Webb Space Telescope è sulla sua rampa di lancio a Kourou, nello spazioporto europeo della Guyana Francese.
Sistemato nell’ogiva di un lanciatore Ariane 5 Eca, il 25 dicembre, quando in Italia saranno le 13:20, punterà allo spazio con l’intento di segnarne la storia per motivi ben più significativi di un record impressionante di ritardi: indagherà come mai fatto prima le galassie primordiali, a più di 13 miliardi di anni luce da noi, con la promessa di rivoluzionare la nostra conoscenza dell’Universo e l’astrofisica tutta. Sarà possibile seguirne la partenza in diretta, sui canali della Nasa (live dalle 12) e di ArianeSpace,
Jwst, come lo chiamano gli addetti ai lavori, è l’osservatorio spaziale più potente mai costruito, l’oggetto a esclusivo uso scientifico più costoso e complesso mai spedito oltre l’atmosfera: svilupparlo ha richiesto 11,75 miliardi di dollari (calcolo dell’inflazione compreso) e più di due decenni. “È una macchina del tempo spaziale”, aveva spiegato a Wired Mark McCaughrean, senior advisor Science and exploration dell’Agenzia spaziale europea (Esa): “Quando guardiamo lontano nello spazio, guardiamo letteralmente indietro nel tempo. Per l’astronomia è un punto fondamentale: Jwst ci permetterà di capire non com’è oggi l’Universo, ma come si sia evoluto”.
Progetto congiunto della Nasa, dell’Esa e dell’agenzia spaziale canadese (la Csa), dopo aver collaudato le sue componenti in orbita, il telescopio comincerà a guardare lo spazio remoto, nel tentativo di far luce (intercettandola) su uno dei misteri irrisolti dell’astrofisica moderna: capire come e quando la Via Lattea e le altre galassie si siano formate.
“Jwst e i suoi strumenti sono stati ottimizzati per osservare nella banda del vicino e medio infrarosso, catturando così la luce emessa dalle galassie più lontane – aveva aggiunto McCaughrean, che al programma ha dedicato 23 anni della sua carriera -. È una capacità preclusa ad Hubble, che è un telescopio ottico”. Non è un caso si menzioni Hubble, la rockstar dei telescopi orbitanti, l’occhio sull’universo che a 30 anni dal lancio ancora regala scienza e meraviglia: di Hubble, James Webb sarà l’erede sia per motivi “anagrafici”, sia perché quello che la comunità scientifica si aspetta da lui è un salto evolutivo, un passo rivoluzionario.
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www.wired.it
2021-12-24 06:00:00