La Camera americana ha approvato con un fondamentale voto bipartisan l’accordo tra dimora Bianca e opposizione repubblicana per evitare uno storico e scioccante default degli Stati Uniti, un compromesso a base di una sospensione per due anni del tetto del debito e di una serie di tagli alla spesa pubblica. Il voto è stato però faticoso, evidenziando tensioni e dissensi soprattutto tra i repubblicani, che alla Camera vantano la maggioranza: 149 deputati conservatori si sono espressi a favore, mentre 71 hanno votato contro. Più numerosi – e necessari – i favorevoli nella minoranza democratica, 165, con 46 contrari. La legislazione è passata con un totale di 314 voti contro 117.
La rivolta fallita della destra
A dare filo da torcere al deal, ma in ultima analisi senza poterlo bloccare, è stata soprattutto una rivolta di esponenti della destra radicale che ha minacciato di affondare il compromesso. I ribelli hanno denunciato come del tutto insufficienti i tagli di spesa contenuti nell’intesa, nonostante la loro strenua difesa da parte dello Speaker della Camera, il repubblicano Kevin McCarthy. Un iniziale voto procedurale aveva addirittura rischiato di fallire. Ipotesi coltivate da alcuni ultra-conservatori di togliere a McCarthy la poltrona di Speaker non hanno però fatto presa. E i 149 repubblicani favorevoli al compromesso hanno rappresentato in sostanza il numero di consensi conservatori promesso da McCarthy per vararlo. Tra i democratici contrari, le critiche hanno considerato i tagli, soprattutto al welfare, come eccessivi.
L’attesa per il Senato
Il travagliato iter della legge non è terminato. Adesso dovrà passare al Senato, dove sono possibili ostruzionismi e ritardi ad opera di alcuni esponenti ultra-conservatori. Il Senato per portare a termine l’approvazione potrebbe restare riunito anche nel fine settimane. Un varo è necessario prima di lunedì 5 giugno, data che il Tesoro americano ha indicato come quella di un possibile, catastrofico default in assenza di un intervento sul tetto del debito, ormai raggiunto a quota 31.400 miliardi. Un’approvazione definitiva viene tuttavia considerata a questo punto nei fatti certa.
Un compromesso per due anni
L’accordo sospende il debt ceiling fino al gennaio 2025, permettendo al governo di continuare a indebitarsi e rispettare tutti i suoi obblighi fino a dopo le prossime elezioni presidenziali del 2024. In cambio fa scattare tagli per 136 miliardi di dollari durante lo stesso periodo e, stando alle più recenti stime dell’Ufficio di bilancio del Congresso, se in seguito la spesa tornerà a crescere solo a passo limitato potrebbe generare risparmi per 1.500 miliardi nell’arco di dieci anni. Dopo i primi due anni, tuttavia, i limiti di spesa non sono vincolanti. E i repubblicani più oltranzisti avevano chiesto molto di più, quasi cinquemila miliardi di tagli in un decennio.
Risparmi e riforme
Sul fronte del budget, più in dettaglio, non revoca i principali disegni varati dal Presidente Joe Biden quali la legge di transizione energetica e sostegno al manifatturiero made in Usa Inflation Reduction Act. Prescrive tuttavia riduzioni care ai repubblicani dalle quali esonera solo la difesa, i servizi ai veterani e i programmi automatici di spesa su pensioni e sanità per gli anziani. Nell’insieme lima la spesa discrezionale nel 2024 – con un ritorno verso i livelli del 2023 – e a questo fa seguire aumenti minimi dell’1% nel 2025, a loro volta un taglio una volta al netto dell’inflazione.