Nel ventaglio di tecnologie necessarie al contenimento del riscaldamento generale, le principali organizzazioni internazionali come l’Intergovernmental Panel on Climate Change, l’International Energy Agency e l’International Renewable Energy Agency menzionano tutte la cattura del carbonio. L’importanza della carbon capture – termine ombrello che racchiude processi come la Ccs, dove la CO2 viene stoccata all’interno di formazioni geologiche, o la Ccu, dove invece viene riutilizzata per produrre materiali e sostanze – è riconosciuta anche dalla Commissione europea, che ne supporta lo sviluppo in funzione del raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2040.
Insieme all’installazione di fonti energetiche pulite e all’elettrificazione dei consumi, infatti, il successo della transizione ecologica dipenderà anche dalla decarbonizzazione di tutti quei cicli industriali fondamentali per l’economia ma definiti hard-to-abate. È il caso dell’acciaio, del cemento, della chimica, della carta e non solo: le emissioni di questi settori sono ad oggi inevitabili o difficili da eliminare, ma la cattura della CO2 emessa permette di scampare a che entrino in atmosfera e contribuiscano al riscaldamento generale. La Ccs, inoltre, può ridurre le emissioni delle centrali elettriche alimentate da fonti fossili.
Le previsioni dell’Agenzia internazionale dell’energia
Secondo i calcoli dell’Agenzia internazionale dell’energia, nel suo ultimo focus dedicato, al 2030 si raggiungerà una capacità di cattura di 435 milioni di tonnellate di CO2 all’anno e una capacità di stoccaggio di circa 615 milioni di tonnellate: nonostante l’accelerazione, si tratta però di obbligazioni ancora esageratamente bassi rispetto alle necessità stimate nello scenario net-zero emissions al 2050.
La strategia europea per la cattura e il riutilizzo del carbonio
Il 6 febbraio scorso la Commissione europea ha presentato la sua strategia per lo stoccaggio, l’utilizzo, la rimozione dall’aria e il trasporto della CO2, la Eu Industrial Carbon Management Strategy, stabilendo dei target di breve, medio (280 MTPA entro il 2040) e lungo termine (450 MTPA entro il 2050). L’obiettivo per il 2030 è raggiungere una capacità di almeno 50 milioni di tonnellate all’anno e sviluppare una rete di spostamento adeguata (via tubature, navi, rotaie e strade); entro il 2040 la maggior parte dei progetti sulla Ccus dovrà aver trovato la sua dimensione economica e si utilizzerà fino a un terzo della CO2 catturata; dopo il 2040, infine, la carbon capture dovrà essere parte integrale del sistema economico comunitario e la CO2 di origine biogenica o atmosferica sarà diventata la materia prima prevalente nei processi industriali e nei carburanti.
La Commissione stima che la cattura di 360-790 milioni di tonnellate di CO2 genererà un valore economico totale di 45-100 miliardi di euro dal 2030 in poi e contribuirà alla creazione di 170mila posti di lavoro. “Tuttavia”, precisa Bruxelles, “per stimolare lo sviluppo di questo mercato sarà necessaria una combinazione di finanziamenti pubblici e privati, a livello europeo e nazionale”.
La Ccs è un’opportunità economica per l’Italia
Oltre a svolgere un ruolo fondamentale per l’azione climatica, dunque, la cattura del carbonio può essere anche un volano per la crescita economica e per l’occupazione. Secondo uno studio del 2023 di The European House – Ambrosetti, intitolato Carbon Capture & Storage: una leva strategica per la decarbonizzazione e la competitività dell’Italia, le tecnologie di Ccs contribuiranno a preservare la competitività dei settori hard-to-abate in Italia, permettendone l’allineamento al nuovo contesto di sostenibilità e prevenendone l’eventuale delocalizzazione. Questi comparti rappresentano 94 miliardi di euro di valore aggiunto (vale a dire il 5% del Pil, nel 2021) e contano 1,2 milioni di occupati (il 4,5% della forza-lavoro totale al 2021), ma sono oggi responsabili dell’emissione di 63,7 milioni di tonnellate di CO2.
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di Marco Dell’Aguzzo www.wired.it 2024-10-25 09:30:00 ,