Il presidente del Consiglio non risponde a domande sul Quirinale. «L’obbligo per gli over 50 serve a ridurre la pressione sugli ospedali»
Vuole si sappia che Draghi è sempre Draghi, che non ha smesso di prendere decisioni anche scomode, che non ha perso quel particolare dono che la politica chiama tocco magico: «Non decido più?
La scuola aperta dimostra il contrario. È una priorità, non era il modo in cui questo tema è stato affrontato in passato». A cinque giorni dal sofferto via libera, il capo dell’esecutivo si presenta davanti ai giornalisti e fa quel che non fece il 5 gennaio: difendere il decreto, convincere che l’obbligo vaccinale per gli over 50 sia cosa buona e giusta, smentire che le nuove restrizioni siano il frutto acerbo di un faticoso compromesso politico e non il frutto maturo dei dati scientifici. Draghi lo dichiara sul finale, col sorriso, quando i ministri Speranza e Bianchi e il coordinatore del Cts Locatelli sono già pronti a lasciare la sala Polifunzionale. «Questa conferenza stampa avviene come risposta alle critiche che il governo e io abbiamo ricevuto per non averla fatta il giorno in cui il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto — fa mea culpa il premier — C’è stata da parte mia una sottovalutazione delle attese, mi scuso e vi chiedo di considerare questo un atto riparatorio, spero che sia adeguato».
La postilla Quirinale
E qui il riferimento è alla «postilla» con cui Draghi prova in anticipo a stoppare i quesiti sul Quirinale: «Non risponderò ad alcuna domanda che riguardi immediati sviluppi, il Quirinale o altre cose». Un silenzio studiato nel dettaglio, che però autorizza a ritenere sempre valide le dichiarazioni del 22 dicembre. Draghi nella conferenza di fine anno si definì un «nonno al servizio delle istituzioni» e molti interpretarono quelle parole come una discesa in campo per la presidenza della Repubblica. La reazione dei p
artiti ha reso il premier così cauto da schivare anche le domande sulla tenuta della maggioranza e il rischio crisi di governo. Quando gli chiedono di Berlusconi, che non sosterrà un esecutivo senza Draghi, il presidente accoglie solo «la parte accettabile della domanda», sulle divisioni nei partiti: «È chiaro che ci sono divergenze, ma non sono mai state di ostacolo all’azione di governo». L’importante è che alla fine la squadra si ricompatti, perché su obbligo vaccinale e temi di questa portata «occorre puntare all’unanimità».
Scuola fondamentale
L’incipit è sull’anno appena iniziato, da affrontare «con realismo, prudenza, fiducia e soprattutto unità». Quest’ultima parola, che il premier declinerà anche rispetto alla tenuta del governo, è destinata alla scuola, che «è fondamentale per la democrazia e va tutelata, protetta, non abbandonata». Draghi ringrazia il ministro Bianchi, gli insegnanti, i genitori e rivendica con forza la scelta di tornare tra i banchi, nonostante pressioni e polemiche: «La priorità del governo è che la scuola stia aperta in presenza. Basta vedere gli effetti di disuguaglianza tra studenti e scolari della Dad lo scorso anno per convincersi che questo sistema, che può essere necessario in caso di emergenze drammatiche, provoca disuguaglianze destinate a restare». Buchi di apprendimento tra Nord e Sud, ferite destinate a riflettersi «su tutta la vita lavorativa». Draghi sa che «ci sarà un aumento delle classi in Dad», eppure respinge il ricorso generalizzato e fa capire con quanto fastidio ascolti il pressing di chi, anche da sinistra, vorrebbe tenere gli studenti nelle loro camerette: «Ai ragazzi si chiede di stare a abitazione, poi fanno sport e vanno in pizzeria? Non ha senso chiudere la scuola prima di tutto il resto. Ma se chiudiamo tutto torniamo all’anno scorso e non ci sono i motivi per farlo».
Basta chiusure
Non siamo più nel 2020, rivendica la discontinuità da Conte il premier. Un anno fa gli studenti italiani hanno subito «il triplo» della Dad di altri Paesi ricchi. Oggi invece grazie ai vaccini «la situazione è molto diversa dal passato», le scuole hanno riaperto e l’economia «ha segnato una crescita di oltre il 6%». I dati consentono di affrontare la sfida della pandemia «con un approccio un po’ diverso». Molta cautela, ma anche lo sforzo di «minimizzare gli effetti economici e sociali».
Appello ai no vax
L’Italia ce la farà «anche stavolta», ma serve l’aiuto di chi non si è vaccinato. Lo dice Draghi e lo dimostra Roberto Speranza con un grafico dell’Iss, che rivela come le persone non immunizzate corrano un rischio molto superiore di finire in terapia intensiva . «Gran parte dei problemi dipendono dal fatto che ci sono dei non vaccinati — è l’appello del premier — Quindi c’è l’ennesimo invito a tutti gli italiani che non si sono vaccinati a farlo, anche con la terza dose». Tanto più si riduce la pressione dei non vaccinati sugli ospedali, «tantopiù possiamo essere liberi».
La crescita
C’è tempo anche per confermare che «sono previsti altri provvedimenti» contro il caro bollette e per aprire ad «altri sostegni» per i settori in difficoltà. Ma quando gli chiedono se il governo farà un altro scostamento di bilancio, il premier prende tempo: «Valuteremo se servono altre risorse, non abbiamo riflettuto se sia necessario uno scostamento».
I leader
Per Letta il messaggio di Draghi è «fate la terza dose». Per Salvini la cosa importante è che il premier abbia rinnovato «l’impegno contro il caro bollette». Giorgia Meloni invece è delusa, perché dal capo del governo si aspettava «un atto di verità e di onestà intellettuale, con le scuse agli italiani e l’ammissione degli errori commessi finora».
10 gennaio 2022 (modifica il 10 gennaio 2022 | 23:32)
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Monica Guerzoni , 2022-01-10 22:33:48
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