Nel giro di poco più di venti giorni, il regime del Nicaragua governato dal 2007 dal presidente autoritario Daniel Ortega ha fatto arrestare più di venti politici di opposizione, giornalisti e attivisti con l’accusa di aver compiuto vari crimini contro lo stato o di aver accettato fondi provenienti dall’estero. La comunità internazionale ha espresso preoccupazione per questa serie di arresti, in particolare perché tra le persone coinvolte ci sono anche cinque dei principali rivali politici di Ortega, che il prossimo novembre si candiderà nuovamente alle elezioni presidenziali, a questo punto senza sfidanti di rilievo.
Lo scorso 2 giugno la polizia ha fatto irruzione a casa di Cristiana Chamorro, la principale rivale politica del presidente, nonché figlia di Violeta Chamorro, che nel 1990 vinse le elezioni presidenziali sconfiggendo proprio Ortega e governò il Nicaragua fino al 1997. Dopo cinque ore passate ad aprire i cassetti e spostare i mobili di casa sua, gli agenti hanno messo Chamorro agli arresti domiciliari, togliendole telefoni, iPad, computer e persino la stampante.
Tre giorni dopo sono stati arrestati anche Arturo Cruz, un altro oppositore politico di Ortega, e l’ex sandinista ed ex alleato di Ortega Hugo Torres, che prima di essere arrestato aveva definito il governo del Nicaragua una «dittatura». Secondo le testimonianze dei parenti, citate da Associated Press, durante l’arresto di altre due leader del movimento di opposizione Unamos, Dora María Téllez e Ana Margarita Vijil, le loro case erano presidiate da almeno 60 agenti di polizia. Tra gli altri, sono stati arrestati anche un banchiere, alcuni imprenditori e un’attivista femminista, mentre venerdì scorso è stato fermato anche Pedro Joaquín Chamorro Barrios, il fratello di Cristiana Chamorro, accusato dalle autorità di atti contro «la sovranità e l’indipendenza» del Nicaragua.
Inoltre, sempre nelle ultime settimane le autorità hanno interrogato una trentina di giornalisti, accusati di riciclaggio di denaro.
Questi arresti sono stati resi possibili dalla cosiddetta “legge ghigliottina”, che è stata approvata dal Congresso dominato dal partito di Ortega lo scorso dicembre e che permette di arrestare i cittadini accusati di terrorismo o che sono sospettati di essere “traditori della patria”, anche senza fornire prove evidenti. Soprattutto impedisce a chi viene arrestato di candidarsi alle cariche pubbliche: grazie a questa legge, Ortega è stato in grado di aumentare l’oppressione delle forze di opposizione e la repressione del dissenso in vista delle elezioni di novembre.
Ortega ha 75 anni ed è lo storico leader del movimento di ispirazione marxista Fronte di Liberazione Sandinista (FSLN), protagonista dell’ultima rivoluzione armata dell’America Latina, grazie alla quale nel 1979 venne messa fine a una dittatura che durava da oltre 40 anni. Dapprima fu il coordinatore della giunta rivoluzionaria alla guida del paese e poi venne eletto presidente del Nicaragua nel 1985, governandolo fino al 1990. Dopo aver perso le elezioni nel 1996 e nel 2001, fu eletto nuovamente nel 2006 e continua a ricoprire l’incarico di presidente dal gennaio del 2007. Tra le altre cose, nel 2009 fece modificare la Costituzione del paese per eliminare il limite massimo di due mandati presidenziali.
Secondo un rapporto della ong Human Rights Watch del 2019, negli ultimi anni Ortega ha progressivamente eroso la democrazia e smantellato tutte le tutele legali che imponevano limiti e controlli sul potere del presidente; in più avrebbe continuato a far reprimere le opposizioni nel paese, ricorrendo spesso a metodi particolarmente violenti per arrestare e detenere i dissidenti politici.
La situazione è peggiorata in particolare tra la primavera e l’estate del 2018, quando nel paese ci furono ampie proteste in cui morirono almeno 300 persone e ne vennero arrestate più di 560, la maggior parte giovani e studenti.
Le prime manifestazioni erano iniziate ad aprile per protestare contro una riforma del sistema di previdenza sociale che avrebbe portato a una riduzione delle pensioni e dei programmi di assistenza per la popolazione. Le proteste furono represse con violenza e proseguirono durante uno sciopero generale indetto l’estate successiva, portando a numerosi scontri e a una paralisi di buona parte delle attività del paese.
Nel periodo successivo alle proteste del 2018, decine di migliaia di nicaraguensi decisero di andare in esilio in Costa Rica o di chiedere asilo in altri paesi, come Messico e Stati Uniti. Centinaia di studenti e ricercatori furono espulsi dalle università per aver partecipato alle proteste del 2018, a molti furono ritirati i titoli accademici e altri hanno ancora difficoltà a trovare lavoro in Nicaragua per gli stessi motivi.
I recenti arresti compiuti nel paese hanno suscitato ampie critiche da parte della comunità internazionale e di diversi analisti, preoccupati che il governo di Ortega stia diventando sempre più autoritario.
La presidente della Commissione Interamericana sui Diritti Umani, Antonia Urrejola, ha detto che il Nicaragua è entrato in una nuova fase di repressione per via delle sue «costanti violazioni in materia di diritti umani». Carlos Fernando Chamorro, uno dei giornalisti più conosciuti del Nicaragua, fratello di due delle persone arrestate e molto critico nei confronti del presidente, ha sottolineato che Ortega «ha oltrepassato il limite» e che questo «è il colpo finale contro la sfida politica».
Chamorro, che è il direttore del giornale indipendente nicaraguense Confidencial, aveva deciso di andare a vivere in esilio volontario in Costa Rica nel 2019 ma poi era rientrato nel paese. La settimana scorsa ha deciso di lasciare nuovamente il Nicaragua dopo che la polizia aveva fatto irruzione nella sua casa nella capitale Managua per perquisirla.
Daniel Ortega ordenó dos veces cerrar la redacción de Confidencial. Ahora la policía está allanando mi casa en Intermezzo del Bosque. Exigimos respeto a la integridad física de mi cuñada Amelia Elizondo, y la trabajadora doméstica Amparo Castillo. No callarán al periodismo.
— Carlos F Chamorro (@cefeche) June 22, 2021
Mateo Jarquin, esperto di Nicaragua alla Chapman University della California, ha detto al New York Times che stiamo osservando eventi «senza precedenti nella storia moderna dell’America Latina», che segnano una sorta di «ritorno alla dittatura in stile Guerra Fredda».
A causa dei recenti eventi, gli Stati Uniti – che negli anni Ottanta avevano appoggiato il movimento controrivoluzionario delle forze ribelli di destra in Nicaragua (i Contras) – hanno imposto sanzioni nei confronti di quattro funzionari legati al regime di Ortega, tra cui sua figlia. Queste misure restrittive individuali comprendono il blocco di eventuali beni detenuti negli Stati Uniti dalle persone coinvolte e il divieto di fare affari con persone o attività statunitensi, e si sommano ad altre sanzioni che erano già state imposte nei confronti di decine di funzionari vicini a Ortega.
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