Un altro rialzo da 75 punti base, fino al 3,75%-4%. Insieme, forse, all’annuncio di un possibile rallentamento a dicembre, con strette da 50 punti base. Le attese degli analisti per la riunione di novembre della Federal reserve sembrano univoche. Avendo rinunciato alla forward guidance, che le avrebbe forse permesso un cammino più graduale anche se non meno restrittivo, il comitato di politica monetaria, il Fomc, sarà ancora costretto ad alzare i tassi con decisione. La stretta comincia però a manifestare i suoi primissime effetti, e un rallentamento in futuro non è fuori luogo.
Inflazione ancora elevata
L’inflazione statunitense è ancora elevata. L’indice Pce, che la Fed assume come punto di riferimento, è al 6,2%, un livello di inflazione più basso – per esempio – che in Eurolandia, malgrado la forte spinta della domanda negli Stati Uniti. La core inflation, che negli Usa tende a “guidare” l’inflazione complessiva sembra si sia stabilizzata attorno al 5% e non ha finora manifestato una tendenza alla flessione. Sono livelli sicuramente insoddisfacenti.
Le aspettative di inflazione tornano al rialzo
Le aspettative di inflazione – misurate dai mercati – sono tornate lentamente a salire, nelle ultime settimane. Sono lontane dai massimi di inizio anno, quando hanno toccato anche il 3,5%, ma dopo essere calate intorno al 2,2%, a livelli quasi compatibili con l’obiettivo, si sono portate ora al 2,4% – per gli inflation rate swaps – e al 2,6% per i break even a cinque anni. È una situazione che va sicuramente monitorata.
Salgono i rendimenti…
La rinuncia alla forward guidance dà l’idea che la Fed sia più preoccupata, in questa fase, della struttura effettiva del tassi che delle aspettative di inflazione, che pure sono il fattore principale della dinamica dei prezzi. La stretta sta manifestando gli effetti lungo tutta la “catena di trasmissione” – termine un po’ fuorviante, in realtà – verso i tassi finali. I rendimenti hanno Proseguono il loro rialzo, con una parziale inversione che ha portato la Fed di Cleveland a indicare nel 23,9% le probabilità di recessione tra un anno (ma il nesso tra l’inversione della curva e una flessione del pil si è mostrata molto labile, nel tempo).
…e il dollaro
Il dollaro continua il suo rialzo, allontanandosi sempre più dalla media di lungo periodo che si può considerare come una prima approssimazione del suo valore di equilibrio. Un dollaro elevato non segnala solo che i mercati hanno ben recepito le intenzioni della Fed ma permette di “importare” deflazione. Con molti limiti, però: i listini di molti beni trattati internazionalmente sono redatti direttamente in dollari, e le variazioni del cambio incidono negli Usa meno – o più lentamente – che altrove.