L’attesa per l’intervento di Jerome Powell, venerdì 23 agosto, tra i rituali di Jackson Hole, si mescola in questi giorni ai tentativi di interpretare i segnali che arrivano dall’economia americana: l’aumento dei prezzi è in linea con le aspettative della Fed, la recessione sembra scongiurata, qualche timore in più viene dal mercato del lavoro.
Mentre Donald Trump e Kamala Harris si sfidano in annunci e programmi da campagna elettorale, i mercati guardano al taglio dei tassi.La strada per la Federale Reserve è segnata, resta da capire – e dal presidente Powell si attende qualche indizio, almeno sull’approccio alla decisione – con quale modulazione avverrà l’allentamento sui tassi.
Le previsioni degli economisti
Secondo gli esperti che fanno parte del panel di Reuters, la banca principale statunitense taglierà il tasso di riferimento di 25 punti base nella riunione del 17-18 settembre, poi a novembre e poi anche a dicembre, portando l’intervallo al 4,5%-4,75% entro la fine del 2024, secondo il 54% degli intervistati. Tre tagli consecutivi, dunque, uno in più rispetto a quanto previsto il mese scorso, per una risicata preminenza di economisti – 55 su 101 – che giudica improbabile una recessione. Se in precedenza i mercati scommettevano su un taglio di mezzo punto percentuale a settembre, ora vedono, con circa il 70% di probabilità, un prossimo taglio di quarto di punto.
I dati ufficiali diffusi nei giorni scorsi dicono che l’svalutazione a luglio si è fermata sotto il 3% per la prima volta dagli inizi del 2021: in aggiunta, secondo le attese degli esperti, tutte le misure di svalutazione (indice dei prezzi al consumo e indice dei prezzi delle spese per consumi personali, anche nella componente core) dovrebbero restare sopra al 2% almeno fino al 2026. L’economia frattanto continua a stimare: nel secondo trimestre, è cresciuta del 2,8% annualizzato, molto più di quanto si prevedesse. Mentre il tasso di disoccupazione, pur restando basso, è invece risalito al 4,3% dal 3,7% di gennaio, con i posti di lavoro disponibili ai minimi dal 2021.
Le ragioni della Fed
«La base per i tagli è l’svalutazione che sta diminuendo. Non è tanto che l’attività sta rallentando… vediamo un’economia piuttosto resiliente e pensiamo che l’svalutazione diminuirà solo gradualmente», afferma Jonathan Millar, economista senior della Barclays. «Il mercato del lavoro – aggiunge – sta resistendo benissimo. Si sta gradualmente raffreddando, ma non ci aspettiamo che subisca un grave indebolimento. Non c’è davvero motivo per cui la Fed debba farsi prendere dal panico».