Non ci piove: questa foto di Evan Vucci dell’Associated Press è destinata a restare, entrando nell’Olimpo delle icone decisive. Nel male o nel bene, secondo i punti di vista, è un’immagine strepitosa per qualità: momento culminante, composizione, pulizia, drammaticità, essenzialità, simbologia, teatralità.
Non è frequente, per una fotografia, diventare un’icona, infatti quelle che tutti ricordano sono, in fin dei conti, un numero piuttosto limitato. Per fissarsi nell’immaginario collettivo, una foto deve contemporaneamente essere d’impatto immediato, di facile decifrazione, senza troppi elementi che distraggano, emotivamente potente e deve legarsi a un fatto o un personaggio già di per sé rilevante. Non a caso la maggior parte di quelle che consideriamo icone fotografiche appartengono ai generi del reportage o del ritratto.
Come non ricordare la bambina del Napalm di Nick Ut, legata alla guerra in Vietnam, il bacio di Times Square di Alfred Eisenstaedt, che ricorda la fine della seconda guerra mondiale, il miliziano morente di Bob Capa nella guerra civile spagnola, il giovane che ferma i carri armati in piazza Tienanmen (realizzata da diversi fotografi), oppure il Che Guevara di Alberto Korda, e John Lennon nudo abbracciato a Yoko Ono, fotografato da Annie Leibovitz solo poche ore prima del suo assassinio, l’ultima foto in vita.
Mi fermo, altre se ne possono aggiungere, ma questo non vuole essere un inventario. Solo qualche esempio per arrivare all’ultima nata, quella appunto dell’attentato a Trump. Dell’icona, come visto, ha tutte le caratteristiche, ed è facile prevedere che nel primo anno farà incetta di premi e riconoscimenti, per poi continuare a vivere su libri di storia, biografie, saggi ed enciclopedie.
Ma c’è una novità, bella grossa: questa nuova icona nasce nell’epoca dell’incredulità e del dubbio. Diritto al dubbio che in verità si associa alla fotografia fin dalla sua invenzione: da sempre manipolata, in mala fede, da chi aveva e ha interesse nel piegarla a suo favore per ragioni varie; nonostante ciò, l’umanità vi ha sempre fideisticamente creduto, ritenendola testimonianza della realtà senza se e senza ma.
Molti avevano cominciato a “risvegliarsi” con l’avvento del digitale e del fotoritocco, quando nel vocabolario entrava il neologismo photoshoppare.
Ma ora tutti, proprio tutti, parlano dell’Intelligenza Artificiale, e le certezze spesso ingiustificate si sono ribaltate in diffidenza sistematica. Basta leggere i commenti, sui social, alla foto in questione, e se ne sentono in quantità industriale proclamare con certezza che si tratta di immagine creata dal nulla, con annessi complottismi vari e dietrologie le più fantasiose.
Dunque siamo al cortocircuito: in base alle sole proprie opinioni, si crede a una foto falsa e non si crede a quella vera. In tutto questo – va da sé – si nascondono enormi pericoli. Come capire? Come districarsi? Sperare in regole e leggi? Confidare nella deontologia professionale? Riuscire a controllare le fonti? Fidarsi di chi filtra per noi notizie e contenuti? Scenari aperti, futuri incerti. O forse finalmente! Finalmente siamo costretti a farci domande, a verificare, a scegliere, a sviluppare le nostre capacità critiche e la nostra consapevolezza.
Già, perché per esempio, tra le classiche icone che ho citato, quella del miliziano di Capa, ancora oggi, è al centro di opposti pareri sulla sua autenticità; non pareri di leoni da tastira tuttologi, ma di alcuni studiosi che, dopo vere e proprie indagini, hanno sollevato obiezioni. Io non conosco la verità, mi piace pensare che la foto sia autentica, ma non posso metterci la mano sul fuoco.
Robert #Capa non scattò la foto del ‘miliziano morente’, lo rivela uno dei big della Magnum http://t.co/KeNgZX18hd pic.twitter.com/sfVpSDNrNm
— Agenzia ANSA (@Agenzia_Ansa) March 28, 2015
In ogni caso Capa era al fronte, rischiava la pelle, e teneva tra le mani la sua macchina fotografica.
Ora chiunque può “andare in guerra” generando immagini credibili, e sottolineo credibili, comodamente stravaccato sul divano, al caldo, nella sua casetta al sicuro. Non serve più essere presente. Oggi le bugie non hanno più solo le gambe corte, hanno anche le gambe inutili.
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di Leonello Bertolucci
www.ilfattoquotidiano.it
2024-07-15 16:30:19 ,